Necessario guardare al futuro
Giulio Zasso
Le possibilità che dalla Lega arrivi uno spiraglio per la riapertura del Sant'Elia sono al lumicino, così come l'ipotesi che il Cagliari torni a giocare le ultime partite della stagione in città. Le condizioni ormai compromesse dello stadio malato non consentono illusioni, anche se i tifosi ci sperano ancora. Fa male il senso di vuoto davanti alla squadra che se ne va per una spirale perversa di contraddizioni, menefreghismo e negligenza. È bastata una scintilla - la messa in sicurezza dei Distinti - per scatenare una polemica prevedibile sull'impianto inadeguato. E la sequenza di controlli incrociati delle ultime settimane ha aperto la strada al trasloco a Trieste.
I rossoblù hanno messo in cassaforte una buona fetta di salvezza ma dovranno sudare sino alla fine per conservare la Serie A. Proprio il patrimonio del massimo campionato richiede una tutela assoluta da parte di tutte le parti in causa - Cagliari calcio e Comune in particolare - in questa storia assurda dello stadio morente e della squadra in fuga. È fondamentale mettere subito via beghe e rancori per puntare lo sguardo verso un futuro già dietro l'angolo, perché entro il 30 giugno la società rossoblù dovrà indicare il proprio impianto di gioco. Cellino guarda a Quartu come unica soluzione tampone praticabile in tempi stretti, ma è concretissimo il rischio che i rossoblù debbano restare per mesi a Trieste. All'inizio della stagione sarebbe un salto nel buio: una corsa a handicap contro le altre squadre che giocano davvero a casa, davanti ai loro tifosi. E allora perché non riprovare con qualche toppa al Sant'Elia per poi virare verso un nuovo stadio in città? Da giorni si parla dell'ipotesi via San Paolo e del progetto possibile. E se fosse la strada giusta?