AMORE E RABBIA. Dalla scuola allo sport il dovere di educare i giovani
Comportamenti migliori per una “nuova” Cagliari
di Gianfranco Murtas
Per il teatro delle comunità di padre Morittu scrissi una volta il testo di un dibattito surreale fra Gesù, Totò e Sebastiano Satta, moderato per la bisogna dall'amico Baingio Piras, allora in semilibertà a San Mauro dopo la rocambolesca fuga sudamericana e la dolorosa detenzione a Buoncammino. Tema: è necessario al nostro mondo, e magari alla Sardegna, perdere i propri valori distintivi per conquistare le bandiere della modernità materiale?
LA PERCEZIONE Tengo conto di quel mio precedente ed al quesito circa la percezione e le aspettative che noi residenti abbiamo della-e-per-la nostra Cagliari risponderei con un contributo che, movendo da quattro aree simboliche del vivere sociale, individui in un pragmatismo sposato alle migliori idealità una via possibile al superamento di certe scoraggianti cupezze dell'oggi. Mi riferisco allo sport, alla scuola, alla chiesa, al giornale. Bisogna andare per rapidi cenni.
Lo sport si declina nelle strutture e nelle emozioni. Quando vengono intervistati i grandi dello scudetto del 1970 si sostiene che quel professionismo non disumanizzava, perché gli scandalosi compensi d'oggi sarebbero il prezzo pagato alla mutazione degli atleti in vulnerabili robot per il business. Cagliari e per essa il Cagliari, per mantenere la squadra in serie A, deve pagare quel prezzo omologante? È funzionale a un tale obiettivo un presidente che si mostri superstizioso ai limiti del ridicolo universale, e irridente verso certi avversari (giocatori e tifoserie), e così propenso a sovraordinare l'interesse societario rispetto a quello sociale?
CAPITALE E SENTIMENTI Lo sport professionistico integra in sé due proprietà che dovrebbero coesistere: la convenienza capitalistica della Spa (spesso sostenuta da facilitazioni fiscali e creditizie) e il dato sentimentale di chi, magari fin da bambino, ha associato la maglia alla immagine identitaria della propria città nel mondo e, modulandolo secondo il proprio temperamento, del suo tifo ha fatto immateriale quota azionaria. Andrebbe invece aggiunto che sempre più, mutuando modelli deviati, il tifo si stacca dallo spirito sportivo. E il dirigente che adopera il dileggio dell'avversario o improvvisa sceneggiate scaramantiche o forza contro ogni buon senso la soluzione ai casi dello stadio trasmette tre cattivi messaggi: agli sportivi, disamorandoli; ai tifosi (non sportivi), eccitandoli nelle spacconerie dell'irrazionalità; ai bambini e ragazzi che pur positivamente i giocatori incontrano nelle scuole, indicando nel risultato un assoluto prescisso dal merito.
SPIRITO PUBBLICO E invece il calcio sportivo, dico quello del Cagliari, potrebbe ben donare alla città - come fu con Gigi Riva e i suoi colleghi nel 1970 - quel rinforzo dello spirito pubblico utile ad avanzare insieme. Perché poi, attorno alla squadra divenuta esempio di misura sportiva, per serietà nella preparazione e lealtà nella competizione, tutto l'associazionismo giovanile potrebbe svilupparsi coerente a un progetto pedagogico riconoscibile. Perché credo che la maggior questione che nella nostra città (ma non solo qui) s'impone per il consolidamento dei fondamentali civici sia quella educativa. Che oggi, data l'immigrazione di massa - basta vedere la popolazione scolastica! -, chiede anche applicazioni parzialmente diverse che nel passato e responsabilizza nel dovere di accoglienza.
FORMAZIONE Dicono gli esperti che le nostre elementari e anche le secondarie di primo livello costituiscono, nell'intero sistema scolastico del'Unione Europea, un'area quasi d'eccellenza nei processi formativi. Si tratterebbe di innervare ancor più, cogliendone lo spunto dal meticciato che la storia ci ha regalato, la dimensione storica e civica fra ieri e oggi perché è soltanto da quel nesso temporale documentato dai manufatti - case, strade e monumenti - che prende consistenza l'idea evolutiva del futuro. La scoperta della parzialità di ogni evidenza educa a quel senso del relativo e dunque al bisogno e al gusto della complementarità.
SCUOLA E SPORT Questo stesso sentimento del relativo stempera di per sé ogni eccesso competitivo destinato a generare o percezioni irreali o frustrazioni demotivanti. E associando scuola a sport, nonché assumendo a modello figure come quelle dei campioni (o anche i presidenti di club) che raccontino il rispetto di sé e degli altri, oltreché alimentare il godimento partecipativo nel presente chissà che non si gettino le premesse perché quello spirito pubblico del versante sportivo torni ad esprimersi anche in una nuova frequentazione (da parte di genitori e figli) dello stadio non più violento e non più volgare per merito di esempi e grazia di urbanità. Cagliari può far questo se lo vuole.
ORATORI E PARROCCHIE A tanto può cooperare con mezzi straordinariamente potenti la chiesa come agenzia educativa sociale propensa alla compartecipazione più che alla surroga. Gli strumenti sono infiniti. Non mi riferisco ora qui alla pratica catechetica o liturgica, ma proprio alla promozione umana che, con gli oratori, i campi, il teatro e i laboratori ecc., le parrocchie possono incentivare per il bene comune.
Esemplare è stata l'esperienza trentennale di don Mario Cugusi nel quartiere della Marina. E il minimo che ci si sarebbe potuti attendere, per la virtuosità del metodo e l'efficacia del risultato, era che il sindaco Zedda avesse dato lui allo storico parroco di Sant'Eulalia quel riconoscimento che il suo collega di Firenze dette a don Enzo Mazzi, insignito del “fiorino d'oro” perché collocabile nella nobile sequenza dei Lorenzo Milani o degli Ernesto Balducci. E invece… nessuna considerazione per la scuola d'alfabetizzazione per extracomunitari (e i loro figli accolti nell'oratorio), per i corsi di recupero dei nostri fino al diploma e alla laurea, per il teatro e per tutto il resto - moderno ecumenismo con battisti ed ortodossi, moderna fraternità con gli islamici - a complemento del recupero archeologico compendio dei millenni cittadini!
LA SPERANZA Ma quelle generali potenzialità al servizio di una collettività in tensione di testimonianza ed accompagnamento, e in tensione di bella politica che punta a un comune inclusivo e senza più marginali, richiedono per inverarsi altri sforzi incisivamente riformatori nel concreto della chiesa cagliaritana, che si spera il nuovo arcivescovo sappia cogliere come urgenti: favorendo nel clero una emancipazione da un habitus proprietario e da un leaderismo spesse volte incongruo. Se i bilanci degli enti parrocchiali fossero pubblicati e discussi e fossero concordati, in quanto ottimale amministrazione di risorse tutte comunitarie, già così si materializzerebbe quella orizzontalità partecipativa che sembra negli auspici, tanto più quando in essa confluiscono i progetti.
INFORMAZIONE Il giornale in un tale contesto, e nel rispetto della sua autonomia d'impresa, può costituire quel supplementare asset civico di cui Cagliari ha oggi necessità, perché può rappresentarsi come un catino di raccolta del meglio ch'essa sogna e di analisi a confronto del tanto che non va. Sempre dalla parte della cittadinanza e cordialmente diffidente, sempre, verso l'Amministrazione di turno.
Nei 125 anni di vita della testata, ogni fase storica ha visto il giornale schierato. E se si possa anche contestare l'orientamento politico (mutevole) della proprietà e/o della direzione, certo è che nella cronaca scritta l'attenzione alle situazioni si è fatta pressoché sempre avveduta. Sicché la maggiore apertura del giornale al confronto civico con l'unico assillo della qualità delle analisi e delle proposte in gioco (dall'anfiteatro alla urbanizzazione delle cinture, da Tuvixeddu allo stadio, agli spazi religiosi, agli inurbati, ecc. ) potrebbe diventare elemento di sostegno alla pubblica opinione nella maggiore consapevolezza delle questioni che la debbono avere protagonista.