Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Il quorum resta lontano, fallisce la spallata a Soru

Fonte: La Nuova Sardegna
6 ottobre 2008

LUNEDÌ, 06 OTTOBRE 2008

Pagina 3 - Fatto del giorno

Vince l’astensione nella battaglia sull’abrogazione di Abbanoa e della legge salvacoste



Trecentomila votanti (20,4 per cento), ne occorrevano duecentomila in più



Il Pd: «Premiata l’azione della giunta» L’Idv: «Sconfitto anche Berlusconi»

CAGLIARI. Hanno votato poco più di trecentomila sardi, il 20,4 per cento dell’elettorato. I tre referendum sardi sono falliti, ha vinto di nuovo l’astensione, il Pdl di Mauro Pili, che aveva politicizzato l’appuntamento contro Renato Soru, non è riuscito a dare la spallata. Opposte, naturalmente, le valutazioni politiche. Qualche sorpresa nel voto: a Olbioa-Tempio, la provincia della Costa Smeralda, l’affluenza è stata di appena il 16,6 per cento (appena il 16,3 a Sassari).
I dati ufficiali (quelli resi noti ieri dalla Regione si riferiscono a chi alle 22 aveva già votato e non comprendono chi era ancora nel seggio) saranno resi noti oggi assieme al numero di Sì e di No.
I record di votanti sono stati registrati, nell’ordine, nelle province di Oristano, Medio Campidano e Ogliastra. Bassa la Gallura, mentre ad Arzachena c’è stata una punta elevata.
Di «buco nell’acqua» e di sconfitta del «pifferaio» Berlusconi e dei suoi più vicini rappresentanti sardi ha subito parlato il Partito democratico con la segretaria Francesca Barracciu e con Chicco Porcu, entrambi vicinissimi a Renato Soru. Di diverso avviso, naturalmente, Mauro Pili, il principale protagonista della battaglia referendaria più caratterizzata politicamente, quella sulla legge salvacoste. Pili ha messo in evidenza che «forse ci aspettavamo di più» ma «si tratta di un risultato rilevantissimo» con «300 sardi» (alle ultime elezioni regionali il Centrodestra aveva avuto 378 mila mila voti) che hanno «lanciato un chiarissimo segnale di dissenso».
La campagna referendaria ha visto Pili muoversi quasi in solitudine (almeno per quanto riguarda i big del partito) e ha fatto emergere un contrasto sulla scelta della consultazione elettorale: c’era chi temeva di non farcela e di regalare così una vittoria a Soru e c’era chi preferiva perdere per non dare a Pili un vantaggio nella corsa per la leadeship elettorale del 2009.
Al di là delle valutazioni politiche, il primo dato di questi tre referendum sono che la legge su cui si fonda l’istituzione del sistema Abbanoa (gestore e tariffa unica dell’acqua) e la legge salvacoste non sono state abrogate.
Che il quorum non sarebbe stato raggiunto lo si è capito non appena sono stati diffusi i dati dell’affluenza nei seggi a mezzogiorno: 4,4 per cento degli aventi diritto, cioé 64.878 elettori su un milione e 471 mila iscritti. Un anno fa, il 22 ottobre, quando alla consultazione popolare sulla legge statutaria a mezzogiorno aveva votato il 3,4 per cento, il dato finale dell’affluenza, alle 22, era stato del 15,05 per cento. Pertanto, l’aumento, alle 12, di appena un punto percentuale ha lasciato intendere che anche stavolta a vincere sarebbe stato, e di gran lunga, l’astensionismo.
Il risultato, secondo la segretario del Pd, Francesca Barracciu, è stato esplicito. «Nonostante la massiccia campagna referendaria e le ingenti risorse investite, è un clamoroso buco nell’acqua per i promotori del referendum». Secondo la Barracciu «i sardi confermano, a dispetto del centrodestra, grande maturità politica e un’autonomia di pensiero impenetrabile dalle sirene di Arcore». Insomma «come previsto l’esito di questo referendum-truffa sancisce una sonora sconfitta politica per il centrodestra sardo e per il suo tutore Silvio Berlusconi. Per contro, rappresenta invece una conferma della politica riformatrice di Soru e del centrosinistra, una conferma di quanto il centrodestra non sia in grado di rappresentare i bisogni dei sardi e di come «il popolo sardo non dimentica l’esperienza disastrosa del centrodestra al governo della Regione». Mentre, secondo la Barracciu, questo appuntamento referendario ha dimostrato che i sardi «nutronofiducia nell’azione di governo di Soru». Per cui «ora dobbiamo andare a testa alta tra la gente a spiegare di più e meglio le politiche messe in campo in questi anni, perché la vittoria del centro sinistra nel 2009 e lì, a portata di mano, dipende solo da noi».
Per il Pd il primo a pronunciarsi, poco dopo le 19, è stato uno dei soriani più convinti, Chicco Porcu, ex capogruppo di Progetto Sardegna. «Stavolta - ha commentato Porcu - il pifferaio magico Berlusconi non ha incantato gli elettori sardi. Nonostante gli appelli del Capo supremo e la propaganda mediatica del centro destra sardo, che non ha smesso di marciare sul filo degli sms neanche ad urne aperte, i sardi hanno riconosciuto l’inutilità e l’inganno contenuto dei quesiti proposti, lasciando soli i promotori del referendum. Il dato sull’affluenza è una sentenza senza appello».
Porcu ha aggiunto che «adesso chi, nel centro destra, aveva alzato i toni dello scontro affermando che un successo del Sì avrebbe rappresentato un avviso di sfratto e un giudizio negativo a tutto campo sull’operato della giunta Soru, dovrà ammettere il contrario. Cioè che il non raggiungimento del quorum rappresenta un segnale positivo per la condivisione delle riforme portate avanti dal centro sinistra in questi anni». Ma, ha detto ancora l’esponente del Pd, «ci sembra già di udire l’eco di improbabili giustificazioni: il poco tempo, l’insufficiente informazione offerta dalla Regione, la consolazione dello stragrande numero di Sì». Il fatto è, ha insistito, che «i la propaganda e la chiamata alla armi per tentativi di spallata alla giunta durano esattamente da 4 anni, dall’approvazione della legge detta salvacoste». L’auspicio, ha concluso Porcu, è che «il centro destra sappia riflettere bene sul significato di questo voto cercando il confronto di merito, anziché la propaganda sterile e demagogica, a cominciare dalla prossima legge urbanistica in discussione in Consiglio regionale».
Anche Federico Palomba, deputato e coordinatore regionale dell’Italia dei Valori, si è scagliato contro Berlusconi. «La becera intromissione del premier, con la pretesa che i sardi votassero Sì, e la strumentalità con le prossime elezioni regionali, hanno convinto gli elettori sardi, attenti e sensibili, che prima di tutto - ha dichiarato Palomba - bisognava dare una severa lezione a lui e con esso ai berlusconiani nostrani, a prescindere dai quesiti sui quali si potrà ancora intervenire. I sardi hanno così decretato la prima sconfitta post-elettorale di Berlusconi». Il leader sardo dell’Idv, quindi, ha puntato il dito contro Berlusconi e i dirigenti sardi del Pdl che si sono impegnati nel referendum interpretandolo come un test politico, ma nello stesso tempo non ha parlato di vittoria di Soru: la distanza tra il governatore e l’Idv, evidentemente, non si è accorciata.
Benché si aspattasse di più, Mauro Pili ha comunque parlato di risultato positivo. «Trecentomila sardi - ha detto - hanno chiesto di cambiare. E’ un segnale significativo anche se hanno prevalso rassegnazione e sfiducia». Il deputato del Pdl ed ex presidente della Regione ha messo in evidenza che il referendum contro la legge salvacoste era stato chiesto con 30 mila firme e che i sostenitori sono aumentati di dieci volte. «Cosa che - ha spiegato - deve far riflettere e che più che mai costituisce un’imponente voglia di reagire ad un governo regionale disastroso per la Sardegna». Pili ha ammesso che «potevamo sperare in un risultato più forte ma l’avallo politico di 300.000 sardi costituisce una nuova importante spinta al progetto di cambiamento della Sardegna. Nelle democrazie evolute i referendum costituiscono lo strumento più significativo della volontà popolare. Per questo motivo, a differenza di quanti si mostreranno felici del mancato quorum, ritengo significativo il risultato conseguito. Non è stato facile permettere a quasi 300.000 sardi di andare a votare, se solo si considera la grave e colpevole assenza di qualsivoglia informazione istituzionale che si somma ad un esplicito boicottaggio della Regione. In questo referendum «non ha comunque vinto l’astensione ma ha prevalso la rassegnazione, la sfiducia. Inoltre nessuno ha difeso la legge del Piano paesaggistico».