DOMENICA, 05 OTTOBRE 2008
Pagina 1 - Cagliari
Sei automobili incendiate nella notte di venerdì rilanciano il tema della videosorveglianza urbana, progetto coordinato dalla Prefettura
L’idea: razionalizzare le postazioni private e ampliare la rete con criteri di garanzia
ALESSANDRA SALLEMI
CAGLIARI. Due casalinghe, un impiegato, uno studente e il primo addetto che ieri è uscito in strada dal convento di San Francesco Paola si sono trovati con la macchina distrutta dal fuoco. In una delle auto c’era un cartone bruciacciato, ma l’innesco più sicuro dev’essere stato il solito: la zolletta di diavolina lasciata accanto allo pneumatico. La gomma prende fuoco, il rogo è garantito e la macchina perduta.
Se i vigili del fuoco vengono avvertiti un secondo dopo l’avvistamento dell’incendio, e riescono ad arrivare in una manciata di minuti, si riesce forse a evitare che le fiamme si propaghino alle auto vicine oppure, come successe nel novembre del 2006, che salgano fino al primo piano di un’abitazione (in Castello) o anche che arrivino a bruciare le finestre di una scuola e il giorno dopo gli scolari restino fuori dalla porta (sempre Castello, stesso giorno). La macchina, comunque, resterà distrutta.
Secondo il comandante della compagnia dei carabinieri di Cagliari, Paolo Floris, ieri era chiaro che «la matrice va ricercata negli atti vandali». Non si è trattato di ritorsioni come in altri casi: i proprietari delle auto conducono una vita tranquilla e nessuno di loro si conosce. Soltanto due incendi sono stati appiccati a 40 minuti di distanza, probabilmente dalla stessa mano in due strade vicine: alle 4.40 prendeva fuoco la Fiat Punto (intestata al convento) in via Sardegna angolo via dei Mille, alle 5.20 toccava alla Fiat Palio di un impiegato parcheggiata in via Roma. All’una era bruciata la Ford Ka di una casalinga, via San Giovanni; alle 2.20 la Fiat Punto di un’altra casalinga, via Pirastu; alle 4.30 la Ford Fusion dello studente, via Koch.
Dunque, riesplode il problema che due anni fa attirò l’attenzione del ministero dell’Interno con 21 roghi in una sola notte: 7 auto erano state incendiate, ma il fuoco si era propagato a quelle accanto. Da allora si è andati avanti nella media: incendi frequenti, non passa settimana senza qualche rogo notturno, con picchi come quelli di venerdì notte.
A parte la fortuna di qualcuno che chiama perché ha visto il piromane gettare il cerino (è successo per l’incendio di un cassonetto tre settimane fa), soltanto i luoghi sorvegliati anche se per un piccolo spazio da telecamere private (di banche, locali pubblici, gioiellerie ecc.) seppure qualche rara volta hanno comunque restituito la traccia giusta per trovare un responsabile. E’ quello che si è capito da due anni a questa parte e che le forze della sicurezza pubblica hanno studiato per trasformarlo in un progetto presentato nel marzo scorso alla Regione che è l’ente tramite dei finanziamenti europei.
Naturalmente, il tema è delicato e altrove, dove i sistemi di videosorveglianza pubblica sono stati introdotti da tempo, le polemiche non sono mancate. L’idea del grande occhio che tutto e tutti controlla è una delle ossessioni contemporanee e il problema del controllo capillare con le tecnologie è diventato un terreno di sottili distinzioni tra diritti, priorità di diritti, confini fra diritti. Ecco perché il progetto per la videsorveglianza in vari luoghi di Cagliari e dell’area vasta viene gestito attraverso una procedura particolare: gli interventi destinati a sfiorare la vita privata delle persone non diventano un progetto da presentare solo una volta finito all’ufficio del Garante per la privacy, ma passo passo viene seguito dal Garante in modo da evitare già all’origine incidenti nella valutazione di priorità e scelte tecniche. Il progetto cagliaritano, coordinato dalla Prefettura, ha preso lo spunto da un’altra necessità: il controllo della viabilità, curato dal Ctm (consorzio trasporti e mobilità), per conto del Comune. Già nel comando dei vigili urbani di via Crespellani funziona il controllo a distanza della situazione stradale.
Qui la regola è che si badi alle auto e non alle persone, mai queste devono risultare riconoscibili. In tutto, al momento sono attive 4 telecamere, da non confondere con gli apparecchi all’ingresso delle zone a traffico limitato che scattano solo fotografie. Ma le 4 che sorvegliano la circolazione stradale in città non sono le uniche telecamere accese in città e dintorni: risultano numerosi gli enti privati di diversa natura che hanno vari motivi per controllarsi la porta d’ingresso e un certo braccio di strada. Ecco perché si è deciso di non partire da zero, ma di razionalizzare ciò che già è stato fatto e di ampliarlo.
Il viceprefetto Bruno Corda segue l’intera questione e spiega inoltre come il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza abbia deliberato perché venissero selezionati accuratamente gli obbiettivi e perché le deroghe alla regola che impone di tenere sempre i visi sfumati per le persone riprese fossero chiare e univoche. La persone deve diventare riconoscibile dove la tutela della sicurezza diventa preminente.
Spiega infine il dirigente: esistono scalette di previsioni su ciò che va fatto a seconda della diversa situazione, il Garante indica in modo chiaro da dove si possa partire e come si debba procedere per costruire sistemi del genere.