La donna campidanese ritratta da Melkiorre Melis ha lo sguardo basso. Il viso, assorto e contratto, mostra appena due fessure d’occhi, tutt’attorno è una macchia di colore, sia lo sfondo giallo accecante sia la tavolozza dello scialle che l’avvolge. Così, con questa riproduzione ciclopica (il vero, tempera su compensato, è all’interno) dà il benvenuto al visitatore la mostra “I territori dell’arte. Dipinti, sculture, gioielli e tessuti delle collezioni civiche, inaugurata ieri nell’Antico Palazzo di Città, in Piazza Palazzo a Castello, un tempo Municipio cagliaritano. Un aperitivo, distorsivo per le dimensioni e per la collocazione inusuale, del ricco desco imbandito e godibile fino al 30 settembre. L’esposi - zione raccoglie una selezione di opere dei più importanti artisti sardi del Novecento. Tanto per fare qualche nome, oltre al già citato pittore bosano, ci sono Giuseppe Biasi, Remo Branca, Francesco Ciusa, Foiso Fois, Mario Delitala, Stanis Dessy, Carmelo Floris, Antonio Mura, Dino Fantini e si potrebbe continuare a lungo. L’in - tenzione della curatrice, Anna Maria Montaldo, direttrice dei Musei civici di Cagliari, è quella di far dialogare le opere con il tesoro etnografico delle diverse collezioni già esposte a palazzo. Già, il Palazzo di città. Restaurato di recente, a due passi dal Duomo di Santa Maria e dai Bastioni della rocca, si impone con orgoglio, signoreggia, si staglia. Come un antico castellano domina dall’alto i quartieri di sotto e il golfo. “E quinci il mar da lungi, e quindi il monte”, tornano alla mente i versi del poeta, se si guarda dabbasso, passando di stanza in stanza, di finestra in finestra, di piano in piano. «Un luogo di suggestioni e di rimandi, da qui sembra si possa governare la Città», sottolinea la Montaldo descrivendo la sua collocazione privilegiata. Nell’antico Municipio è stato creato un vero e proprio percorso, che comincia dalla sala dedicata ai ritratti di uomini e donne in costume sardo e agli antichi gioielli in oro e argento. È qui che sono ospitate le opere di Melkiorre Melis, di Antonio Mura e di Carmelo Floris. I paesaggi di Cagliari sono il tema della seconda sala, nella quale è possibile ammirare i dipinti che ritraggono la rocca, la laguna e le piazze. Qui dominano i Foiso Fois e gli Anton Ettore Maury. I tessuti sono i protagonisti della terza sala, che ospita la “Filatrice ” di Francesco Ciusa. I paesaggi della campagna sarda, legata al tema della cavalcata, sono invece il leit motiv delle opere ospitate della quarta sala. Sopra si è accennato al dialogo. La pittura e la scultura che interagiscono con la cultura materiale e quelle che un tempo si sarebbero definite “arti minori”, i tesori delle collezioni permanenti. Lungo il percorso della mostra a Palazzo di città si possono ammirare le ceramiche della Collezione Ingrao e i dipinti su tela di fiori e frutti, i tappeti e le bisacce, non meno che le cassepanche, i mortai e i pestelli. La visita si conclude nell’ultima sala: Cagliari qui è ritratta negli scorci castellani più suggestivi opera di Felice Melis Marini, Dina Masnata, Stanis Dessy: la porta dell’Arsenale, la torre di San Pancrazio e la Cattedrale. Pezzi di Castello, dentro la mostra e fuori. Raffigurazioni che sollecitano e stimolano la visione simultanea del visitatore, che può distogliere lo sguardo dal quadro e sbirciare dalla finestra. Per fare un raffronto, per cogliere assonanze, similitudini, assenze. Per mettersi un po’ al posto dell’artista e lasciarsi trasportare in questo gioco di rimandi quasi enigmistici. «La mostra, spiega l’assessore alla Cultura Enrica Puggioni, «si inserisce in un programma più ampio che mira alla valorizzazione del territorio cagliaritano attraverso il rilancio dei Centri comunali d’arte ai quali verrà data una vocazione identitaria». L’assessore Puggioni, nel lodare il lavoro svolto dalla curatrice e dal suo staff, spiega che in pochi mesi «è stato realizzato un programma di pregio e di livello per il rilancio dell’Antico Palazzo di Città». L’obiettivo, continua, è collegarlo al quartiere. Anche la mostra dunque può dare il suo contributo. Sembra un mantra dell’assessore: «La cittadinanza potrà riappropriarsi del territorio e dei suoi spazi, rendendoli così vivi ed abitati». Massimiliano Lasio