Terramaini
COMUNE La struttura costa oltre tre milioni di euro all’anno ma ne incassa solo uno. L’assessore Orrù: task force al lavoro per scoprire le ragioni. Cugusi (Pd): «Indagheremo a fondo»
Ogni anno escono dalle casse comunali tre milioni e trecentomila euro per le spese della casa di risposo Vittorio Emanuele II di Terramaini. Con un ricavo di un solo milione. A conti fatti l’ospizio crea un buco nel bilancio di due milionie trecentomila euro per ogni esercizio. Soldi, pagati dal Comune, per i circa cento anziani ospiti della struttura. Ma oltre ai conti in rosso c’è anche una beffa: il terzo piano della casa di riposo è completamente vuoto. Fino a qualche anno fa ospitava alcune suore vincenziane: le sorelle garantivano un supporto religioso agli anziani, il Comune pagava la loro presenza circa 80mila euro annuali. Di punto in bianco, la convenzione non è stata rinnovata. Da quel momento, dieci stanze con bagno non sono state più utilizzate.
I CONTI E LE REAZIONI Nel bilancio di previsione del 2012 per i servizi a domanda individuale, deliberato lo scorso 30 marzo, le percentuali dei costi della casa di riposo di Terramaini vedono il 69,2 per cento a carico di palazzo Bacaredda. La funzionaria della struttura, Lara Corona, spiega che non è compito suo rilasciare dichiarazioni, tantomeno fornire dati dettagliati delle spese effettuate. «Svolgo questo ruolo da otto anni, non ho mai dovuto rilasciare dichiarazioni alla stampa», spiega, «tra l’altro sono una semplice funzionaria comunale, non è perciò compito mio spiegare i vari perché di queste cifre», prosegue con un tono di voce sbalordito, «sul non utilizzo del terzo piano sono la persona meno indicata a dare spiegazioni», conclude la Corona. Ieri mattina, analizzando i numeri di spesa della Vittorio Emanuele II in commissione Bilancio, l’assessore Gabor Pinna è stato chiaro: «Si può fare di più e meglio per diminuire la copertura a carico del Comune», afferma, «tra i 3,3 milioni di euro di spesa ci sono anche i dipendenti comunali ai quali paghiamo lo stipendio, ma lo squilibrio è comunque molto elevato. Non sono contro le case di riposo», precisa Pinna, «di solito queste strutture sono in pareggio o in attivo, mi auguro più chiarezza quando ne discuteremo in aula». Claudio Cugusi (Pd), presidente della commissione, non usa mezzi termini: «È una pesantissima crisi finanziaria, indagheremo per scoprire le ragioni di questo buco », sostiene Cugusi, «e approfondiremo per capire se provare a portare l’attività in pareggio o dare la struttura a una realtà esterna, con una gara d’appalto » .
I CONTROLLI DELL’ASSESSORE Degli esorbitanti costi della casa di riposo di Terramaini si sta occupando anche Susanna Orrù, assessore comunale alle Politiche Sociali. «C’è un gruppo interno al mio assessorato che, già da un mese, sta analizzando tutti i costi, le entrate e le uscite, per capire che cosa avviene nella struttura di Terramaini», assicura la Orrù, «e voglio entrare in possesso delle spese dettagliate. Le gestioni esterne della struttura sono la parte maggiore della spesa», puntualizza, «faremo un bando di gara prima dell’estate per assegnarle, ma avrà valore per il 2013, anche per questo abbiamo mantenuto le voci economiche identiche al 2011». Paolo Rapeanu
LA STRUTTURA UNA CAPIENZA DI 120 POSTI MA UN PIANO RIMANE INUTILIZZATO DA ANNI
La casa di riposo Vittorio Emanuele II di via Pirastu è una struttura attrezzata, di proprietà del Comune, che può ospitare fino a 120 persone. Circondata da prati e alberi, ha tre piani, l’ultimo inutilizzato da anni, e una palestra per far svolgere attività psicomotorie ai suoi residenti. Chi chiede possibilità di alloggio deve avere compiuto almeno sessantacinque anni e essere residente in città. La struttura è aperta a persone autonome o con ridotta autonomia motoria. Per ottenere l’ok da parte degli uffici dei servizi sociali è necessario seguire un particolare iter, passando per la presentazione della richiesta di inserimento nella casa, che deve essere supportata da una documentazione che possa dimostrare la sussistenza dello stato di bisogno. Il Comune stesso che stanzia una quota di compartecipazione ai costi. in caso di impossibilità di pagamento della retta.