Un allenatore-filosofo e un direttore di giornale innamorato dei sogni
Storia della stramba alleanza tra Manlio Scopigno e Fabio Maria Crivelli
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Questa è la storia di un piccolo segreto nella grande, fantastica avventura sportiva che portò il Cagliari a conquistare lo scudetto il 12 aprile del 1970. Ne venni a conoscenza all'età di 11 anni e lo custodii gelosamente. Poi, col passare del tempo, ormai adulto, ci diedi meno peso, convinto che altri l'avrebbero svelato. Invece no. E quindi, a distanza di quasi mezzo secolo, credo tocchi a me il piacevole compito di raccontare una vicenda inedita, almeno nei suoi contorni esatti.
I PROTAGONISTI La storia riguarda mio padre, Fabio Maria Crivelli, direttore de L'Unione Sarda per 24 anni (dal 1954 al 1976 e dal 1986 al 1988) e Manlio Scopigno, il Filosofo, grande allenatore e stratega che guidò un manipolo di campioni rossoblù a stravolgere le gerarchie calcistiche nazionali. Si incontrarono in una sera d'agosto del 1967 e, in un momento nero per il tecnico, che era stato inopinatamente esonerato, strinsero un patto d'alleanza sull'onda delle reciproca stima e di un sogno che allora poteva sembrare folle ambizione: portare il Cagliari ai vertici del campionato.
AL MARE L'incontro avvenne nella nostra casetta al mare di Porticciolo, sul litorale di Quartu. Col metro di adesso, una villetta modesta, stanzette minuscole con letti a castello, dove l'estate si ammassava gioiosamente una famiglia con cinque figli. Tuttavia un villaggio indimenticabile per noi ragazzini che badavamo solo alle due piscinette, i canestri da basket, il campo da tennis...Un paradiso. Scopigno non ci deve aver fatto caso, in quei giorni viveva un inferno personale. Era stato licenziato al termine di una burrascosa tournèe del Cagliari negli Stati Uniti. Leggenda vuole che il Filosofo avesse pagato lo scandaletto di una sbronza con tanto di pipì nel giardino dell'ambasciata a New York. Di certo la dirigenza cancellò di punto in bianco il bellissimo sesto posto conquistato dal suo Cagliari in quella stagione, con un gioco
LA RIVELAZIONE Più tardi, dopo che il Filosofo se n'era andato, mio padre, forse intenerito dal mio volto palesemente deluso, mi prese da parte: «Viè qua - mi disse con quell'accento romanesco che non aveva mai perso - adesso ti racconto una cosa, ma acqua in bocca. Scopigno non sopporta d'esser stato cacciato via. È convinto che la squadra, con qualche ritocco, possa giocarsela per lo scudetto. Io ci credo. Adesso non possiamo fare niente perchè è già stato scelto un altro allenatore, Puricelli. Ma a tempo debito L'Unione Sarda lo aiuterà a riprendersi la panchina. Glielo ho promesso».
IL GRANDE ROCCA Dovettero passare però sei mesi. Nel frattempo si erano verificati altri eventi importanti. Quell'estate ci fu la trasformazione delle società calcistiche in Spa senza scopo di lucro, una vicenda complessa nella quale entrò in gioco una cordata della Saras, che essendosi installata in quel periodo a Sarroch, aveva interesse ad ingraziarsi l'opinione pubblica. Enrico Rocca, il grandissimo presidente che aveva portato il Cagliari in serie A, aveva gettato la spugna di fronte alle difficoltà economiche della società e dopo una polemica nella quale era stato forse ingiustamente accusato di voler vendere Gigi Riva, l'attaccante bramato dai club di mezza Italia, bandiera della
squadra.
PROPOSTE INDECENTI Ad essere onesti Rocca aveva solo ponderato quelle che oggi si chiamerebbero “proposte indecenti”, soprattutto da parte della Juventus, che era arrivata ad offrire - si dice - una paccata di milioni e sei giocatori della sua qualificatissima rosa. C'era di che pensarci sopra: per un club provinciale come il Cagliari sarebbe stata la sopravvivenza assicurata per parecchie stagioni. Ma per i sardi vendere Riva sarebbe stato come per i romani cedere il Colosseo ai tedeschi. Non se ne fece nulla e, in definitiva, Rocca lasciò una rosa competitiva che, con qualche cambio azzeccato, compì due anni dopo la grande impresa.
SFORTUNA Tuttavia, nel campionato '67-'68, la squadra gestita in società dal commissario Andrea Lombardi e sulla panchina da Ettore Puricelli, ebbe un cammino assai stentato. Il tecnico uruguagio non legava con gran parte dei giocatori e la squadra, bersagliata peraltro da una catena impressionante di infortuni e squalifiche (clamorosa quella di Boninsegna, undici giornate, poi ridotte a nove) navigava a mezza classifica tra i mugugni della tifoseria. Una domenica sì e una domenica no dagli spalti dell'Amsicora si levavano cori nostalgici per Scopigno (e L'Unione Sarda non c'entrava ancora niente...).
IL SAGGIO DELLA MONTAGNA I tempi iniziarono ad essere maturi a febbraio del 1968. Il 9 di quel mese una svolta societaria: venne eletto presidente Efisio Corrias, ex presidente della Regione e gran notabile della Democrazia Cristiana. Due settimane dopo, al culmine di un periodo nero per la squadra (sconfitta casalinga con la Roma ed eliminazione dalla Mitropa Cup per mano dei semisconosciuti macedoni del Vardar) scattò il piano Crivelli-Scopigno. È presumibile che i due si fossero sentiti ancora, probabilmente per telefono, In ogni caso L'Unione Sarda iniziò a sostenere gli umori del pubblico che ormai rimpiangeva apertamente il bel gioco della squadra di Scopigno. Non so chi avesse coinvolto mio padre in redazione. Certamente Gianni Filippini, che era il suo vice, e forse Franco Brozzu, l'inviato del giornale a seguito del Cagliari.
Di fatto, dal 22 febbraio in poi, nell'inserto sportivo che allora usciva ogni giovedì, Romano Asuni, penna brillante che da lì a poco avrebbe proseguito la carriera lontano dalla Sardegna, iniziò a pungolare la fantasia dei lettori-tifosi con misteriosi raccontini. Si narrava di Puricelli che, in palese difficoltà, andava a cercare consiglio in una grotta della Barbagia, dove si nascondeva un vecchio ed eccentrico saggio della montagna travisato con una tunica e la barba bianca. Il gioco andò avanti per oltre un mese, fino a quando la nuova dirigenza rossoblù, a campionato ancora in corso, il 25 marzo decise che nella prossima stagione sarebbe tornato in panchina il Filosofo. Tre giorni dopo, nella sua rubrica, Asuni potè svelarlo: nella fiction il vecchio della montagna era in realtà Manlio Scopigno, che togliendosi la barba finta brindò alla rivincita col suo immancabile bicchiere di whisky. Il patto aveva avuto successo, anche L'Unione Sarda aveva vinto la battaglia.
IL TRIONFO Come andarono poi le cose lo sanno tutti. Nel campionato 1968-1969 il Cagliari, dopo un lungo duello, finì secondo dietro la Fiorentina. Con un pizzico di convinzione in più e qualche arbitraggio migliore avrebbe potuto vincere lo scudetto, che comunque arrivò nella stagione successiva per la gioia di un'intera Isola. Scopigno non era un matto, lo aveva semplicemente previsto.
Fabio Maria Crivelli non era un grande intenditore di calcio, ma aveva fiuto giornalistico e amava chi aveva coraggio e capacità di sognare. Negli anni successivi, e fino alla vecchiaia, pur non recandosi allo stadio, continuò a seguire il Cagliari con affetto. Anche alla fine, quando era già stanco e malato, la domenica s'informava del risultato del Cagliari. Se per caso aveva vinto, tutto gli sembrava più lieve. Non l'ha mai detto ma credo che fosse convinto che un piccolissimo, microscopico pezzetto di quello scudetto tricolore, fosse anche suo.
Massimo Crivelli