Rassegna Stampa

Sardegna Quotidiano

Fede, parricidio e male radicale nei Karamazov

Fonte: Sardegna Quotidiano
21 marzo 2012

MASSIMO

 

IN SCENA Da stasera fino a domenica 25 lo spettacolo tratto dal romanzo di Dostoevskij. La regia è di Guido De Monticelli, una produzione dei Teatri stabili della Sardegna e della Toscana

I fratelli Karamazov”, l’ultimo romanzo scritto da Dostoevskij, il vertice della sua opera letteraria, pubblicato a puntate su “Il Messaggero russo” a partire dal gennaio 1879. Lo scrittore moscovita all’apice del successo, da lì a un anno morirà a San Pietroburgo, riuscirà a completare l’ultimo capitolo solo pochi mesi prima. I Karamazov. Dramma spirituale, conflitto morale tra fede, dubbio, ragione e libero arbitrio nelle vicende di quella famiglia: l’odio, l’interesse materiale, l’assassinio di Fëdor, il padre, il processo nei confronti di Dmitrij, il figlio primogenito accusato di parricidio, la purezza e la fede del giovane Alëša.

LO SCENEGGIATO RAI Viene in mente lo sceneggiato Rai del 1969, regia di Sandro Bolchi, quando la tv di stato era ancora centro di diffusione culturale, i grandi temi dostoevskjiani portati ad altezza di telespettatore, quindici milioni a puntata, l’opera che diventa un best seller. E un cast da colossal televisivo: Corrado Pani (Dmitrij), Umberto Orsini (Ivan), Salvo Randone (Fëdor Karamazov), Carlo Simoni (Aleksèj). E Lea Massari, Antonio Salines, Carla Gravina, Sergio Tofano. Quando il teleromanzo era anche grande teatro. E a teatro arrivano “I fratelli Karamazov ”, a Cagliari, al Massimo, produzione impegnativa del Teatro Stabile della Sardegna e del Teatro Metastasio Stabile della Toscana, compagnie che insieme hanno già messo in scena nello scorso dicembre un riuscito “Giardino dei ciliegi” di Cechov. Ancora Russia, ancora “A Mosca, a Mosca!”, un fil rouge con il Festival della Filosofia di imminente inizio. Da stasera (dopo l’a nteprima in pomeridiana di ieri), alle 20,45, fino a domenica 25 per la stagione Cedac, il 26 e 27 nel cartellone dello Stabile, drammaturgia firmata da Roberta Arcelloni e Guido De Monticelli, che cura anche la regia, con Valentina Banci, Francesco Borchi, Daniel Dwerryhouse, Corrado Giannetti, Elisa Cecilia Langone, Mauro Malinverno, Fabio Mascagni, Paolo Meloni, Silvia Piovan, Cesare Saliu, Maria Grazia Sughi, Luigi Tontoranelli.

LA COMPAGNIA Compagnia nutrita per “I fratelli Karamazov ”, che è di per sé un grande palcoscenico, dove i temi del male e dell’esistenza di Dio si scontrano, dove una miriade di creature si dibatte fra il bene e non. Dostoevskij, scrittore complesso, dall’opera irta di rovelli interiori. Fra ortodossia religiosa e acceso nazionalismo, l’idea messianica del destino del popolo russo, un’uma - nità spesso straziata, da liberare da miseria e umiliazione, che cerca salvezza in Cristo, che è libertà ma anche angoscia, infinita ricerca. “Delitto e castigo” (1866), “L’idiota” (1869), il principe Myshkin, creatura spiritualmente superiore, un po’ come Alëša, quella che “la bellezza salverà il mondo”, storia della sconfitta di un uomo “assolutamente buono”, “I demoni” (1873), nichilismo e assenza di Dio. E “I fratelli Karamazov ”.

I TRE FIGLI DI FEDOR Fedor, il capofamiglia, ha tre figli, Dmitrij, di primo letto, Ivan e Aleksej (Alëša). Ne ha anche uno illegittimo, Smerdjakov, epilettico, che tiene a casa come servo. Vecchio libertino, cinico e dissoluto, poco amato dai figli Fedor. In particolare Dmitrij, Mitja, lo odia, perché è innamorato di Grusenka, una bella mantenuta che il vecchio, forte del suo denaro, vuole fare sua. Ivan è un raffinato intellettuale e filosofo dell’ateismo. Il più giovane, Alëša, è novizio nel convento di padre Zosima, che lo guida sulla via del perfezionamento spirituale ma lo obbliga a ritornare nel mondo, che ha bisogno della sua carità cristiana. Fedor viene ucciso. I sospetti cadono subito su Mitja, Ivan è convinto della colpevolezza del fratello, fino a quando Smerdjakov gli confessa di essere lui l’assassino. Ma subito dopo si impicca e Ivan non può provare al processo la verità delle sue rivelazioni. Dmitrij viene condannato ai lavori forzati, Alëša con la sua purezza, impotente, guida un gruppo di ragazzi verso una vita migliore. Ecco, Alëša, è lui lo snodo attraverso il quale passa il lavoro drammaturgico e scenico dello spettacolo che porta il sigillo degli Stabili di Sardegna e Toscana. E la domanda, «quella semplice e chiara che tormenta tutti i personaggi dostoevskiani (e in primo luogo il loro autore): Dio c’è o non c’è?»”, spiegano Roberta Arcelloni e Guido De Monticelli nelle note di sala. E in Alëša «si incarna il sogno di Dostoevskij –scrive ancora il regista - e il presagio che il regno di Cristo si instaurerà sulla terra e non in un ipotetico aldilà perché l’amore universale vincerà il dolore e la morte e la terra tornerà come alle origini». Massimiliano Messina