Chi rischia di morire, nel nostro caso, sono i cittadini e l’economia, sotto tutte le sue innumerevoli sfaccettature
di Pierluigi Mannino
Inodi, con il passare del tempo, stanno sempre più venendo al pettine. Nodi scorsoi, cappi stretti al collo degli amministratori comunali e dei cittadini. Lacci e lacciuoli strettamente collegati tra loro: un solo movimento avventato è sufficiente per far soffocare tutti. A quali nodi mi sto riferendo? Al patto di stabilità e all’equilibrio di bilancio. Il primo, imposto dai burocrati europei nei confronti di una politica non più credibile e affidabile, corre il rischio di diventare il carnefice degli ultimi scampoli di sovranità e autonomia. Facendo un parallelismo quanto mai necessario, invito a ricordare il racconto di quel contadino che voleva far abituare il suo cavallo da tiro a non mangiare. A causa di ristrettezze economiche iniziò a diminuire le razioni di biada. Vedendo che l’animale continuava a compiere il suo dovere pensò che non sarebbe stato grave privarlo totalmente di cibo e acqua. Nonostante il digiuno, il cavallo continuava a compiere il suo dovere. Il contadino era felice e contento del risultato. Tuttavia, dopo qualche giorno il cavallo morì. Il contadino, sorpreso, esclamo: “Guarda un po’, adesso che si era abituato a non mangiare, è morto”. Ecco cos’è il patto di stabilità: un vincolo scellerato che impedisce di spendere i denari che, a voler essere ottimisti, un cittadino o un’amministrazione locale hanno nelle loro tasche. Non importa se l’economia della tua città e del tuo Stato cerchi istanti vitali d’aria come una persona in apnea da tanto tempo. Quei soldi non devi spenderli: un diktat che rasenta (o supera?) la follia. Attenzione, il problema è ben più grave. Chi rischia di morire, nel nostro caso, non è un cavallo. Sono i cittadini e l’economia, sotto tutte le sue innumerevoli sfaccettature. Stiamo andando incontro a un simile scenario, inutile nasconderlo. Il nostro Comune dovrà garantire equilibrio di bilancio e rispetto del patto di stabilità: per farlo ha ben pochi strumenti sui quali poter fare affidamento, visto il drastico taglio dei trasferimenti. Nel futuro dei cittadini si stagliano scure nubi quali Imu e Tares. La prima è l’imposta che sostituisce l’Ici, resuscitata per la prima casa. La seconda andrà a sostituire la Tarsu. L’Imu, ovvero l’imposta unica municipale, altro non è che la precedente Ici, adeguatamente rimpinguata da moltiplicatori esagerati che porteranno ad esborsi, da parte dei cittadini, pari al doppio o anche al triplo rispetto al passato. Ancora non si è deliberato in merito alle aliquote da applicare; tutto lascia pensare che si intenda applicare non meno dell’aliquota ordinaria nonostante la mozione, da me presentata, per caldeggiare l’introduzione dell’aliquota agevolata dello 0,2% sulle prime case, un bene che non si dovrebbe mai toccare, neanche di striscio. A breve presenterò la mozione per premiare con un’aliquota agevolata anche gli operatori economici che operano in locali e uffici di loro proprietà. In attesa della Tares, abbiamo avviato l’esame del regolamento Tarsu. Anche qui, memori delle promesse elettorali dell’attuale maggioranza, “Abbiamo in mente una Grande Cagliari, dove non si pagano le tasse comunali più elevate d’Italia e dove l’amministrazione è efficiente e trasparente ”, cercheremo di suggerire equità. A nove mesi esatti dall’insediamento, queste parole, seppur foriere delle migliori intenzioni, potrebbero venire prontamente riposte in un’astratta soffitta polverosa. Anche se sono sicuro che molti elettori non le dimenticheranno facilmente, soprattutto quando sarà il momento di tornare dentro la cabina elettorale per decidere le sorti di Cagliari. Consigliere comunale Patto per Cagliari