Il presidente dell’Associazione dei Comuni rilancia le battaglie su fiscalità e ordine pubblico
UMBERTO AIME
CAGLIARI. Sicurezza sociale in bilico, tagli spaventosi nei trasferimenti, nuove imposte, patto di stabilità capestro e anche un federalismo fiscale ormai svuotato. Senza gerarchie, sono questi gli appunti sparsi (e preoccupati) che qualunque sindaco oggi legge sull’agenda del «bravo amministratore». Poco importa se sta al Nord o al Sud: il fiato del governo Monti lo ha comunque sul collo. «È accaduto con il centrosinistra e col centrodestra, riaccade adesso con i professori, sui Comuni c’è sempre qualcuno che picchia duro». E fa male. Lo ha detto il sindaco dei sindaci: Graziano Delrio, endocrinologo prestato alla politica in quel di Reggio Emila, e presidente nazionale dell’Anci, l’Associazione dei Comuni.
Nell’aula grande del municipio, chi ha ricordato subito e con orgoglio di avere lontane origini sarde, non è stato tenero con i ministri tecnici: «Non ascoltino solo la voce dell’Europa ma anche la nostra, perché ogni Comune è un anello fondamentale nella catena della coesione sociale».
Per fortuna che finora, chissà come, i campanili hanno retto, sono state le parole del presidente dell’assemblea, Ninni Depau, altrimenti «saremmo ancora più affondo». Purtroppo proprio in Sardegna da molte parti la coesione comincia a scricchiolare e «il vento del malessere travolge non Roma, ma chi è sul territorio: sindaci, assessori e consiglieri comunali».
Graziano Delrio lo ha detto con determinazione: «Nell’isola non dobbiamo andare oltre questa condizione d’emergenza. Oggi al ministro dell’Interno, segnalerò ancora il caso della violenza contro gli amministratori pubblici in Sardegna». Ad Anna Maria Cancellieri, Delrio chiederà «subito una maggiore vigilanza dello Stato», come poi confermerà ad alcuni sindaci già presi di mira dal partito vigliacco delle minacce e degli attentati. I sindaci non possono essere lasciati soli, questa sarà la pretesa dell’Anci, al Viminale, rilanciata, con gli stessi toni allarmati, a neanche due anni dall’ultima missione di un ministro degli Interni in Sardegna, Roberto Maroni, nell’ottobre del 2010. Da allora per la verità poco e cambiato. Anzi, la crisi ha contributo a esasperare ancora gli animi, ad allungare l’elenco dei possibili obiettivi. Ormai in ognuna delle otto province, tutte le mappe sono macchiate da sconsiderati tiri al bersaglio ed è per questo che «lo Stato - ha detto Cristiano Erriu, presidente dell’Anci regionale - non può restare più a guardare».
La manovra. Anche nei bilanci i Comuni vivono un equilibrio precario fra il dovere di garantire un minimo di qualità della vita e i pesanti tagli sui trasferimenti da parte dello Stato. Che, come se non bastasse, obbligherà i sindaci a metterci la faccia col ritorno ad esempio della vecchia Ici, ribattezzata Imu. «Ogni giorno - ha detto Delrio - ci siamo noi di fronte alle imprese e alle famiglie in difficoltà. Noi dobbiamo imporre i sacrifici, mentre poi scopriamo che lo Stato prenderà per sè il cinquanta per cento dell’Imu. Sono ben ventidue miliardi e saranno tutti a nostro carico». Stesso discorso critico, il sindaco di Reggio Emilia lo ha sollevato sulla tesoreria unica a Roma: «Il Governo vuole portare via ai Comuni anche la cassa e senza cassa i municipi rischiano di rimare senza liquidità, il che vuol dire essere destinati all’immobilismo».
Patto di stabilità. «Certo - ha detto Delrio - il quadro è complesso ma noi abbiamo il dovere di lottare fino all’ultimo per difendere la nostra autonomia finanziaria, che non significa naturalmente l’autonomia di far qualunque abbiamo in testa». E qui il presidente dell’Anci ha aperto un’altra vertenza delicata: è necessario un patto di stabilità più elastico. «Siamo d’accordo - ha detto - sulle tre parole d’ordine, rigore, crescita ed equità, ma ai Comuni che dal 2007 al 2012 hanno registrato un saldo positivo intorno ai tredici miliardi, Roma deve permettere di spendere negli investimenti. Questo lo chiediamo per le imprese, il lavoro e la crescita dell’Italia. Altrimenti rischiamo una lunga e triste agonia».
Troppi lacci. «Non è possibile - ha continuato - che lo Stato entri ancora e così nel dettaglio nella nostra autonomia gestionale. Siamo ritornati al centralismo sabaudo, che fine ha fatto il federalismo? È arrivato il momento di ripensare il rapporto tra Stato e Comuni. Non è possibile che noi siamo obbligati a rispettare le regole, mentre altre amministrazioni pubbliche non lo fanno ed escono persino indenni dalle loro colpe».
L’appello. Delrio ha chiuso con un messaggio forte: «Il Governo apra gli occhi. Non badi solo ad Angela (Merkel), ma anche a Maria, la nostra signora Maria, che oggi ha il marito in cassa integrazione. Europa sì, d’accordo, ma bisogna orima sbloccare l’Italia, ripartendo proprio dai Comuni».