IL RETROSCENA. In dieci giorni si saprà la sorte di Di Benedetto
In un angolo, all'estrema destra del tavolo allestito nel foyer del Teatro Lirico per presentare la stagione 2012 di lirica e balletto. La posizione del sovrintendente Gennaro Di Benedetto rispecchia la sua solitudine all'interno della Fondazione che regola la vita dell'ente di via Sant'Alenixedda. Nessuno al suo fianco, né il presidente, il sindaco Massimo Zedda, «trattenuto per impegni istituzionali», né alcuno dei componenti del consiglio d'amministrazione. E così Di Benedetto affronta da solo la presentazione e le più che scontate contestazioni dei lavoratori.
LA PROTESTA Ed è proprio uno di loro, il corista Massimiliano Cecalotti, rappresentante del sindacato Usb, a rompere l'atmosfera surreale del foyer . Mentre si discute di Massenet e Verdi, come se all'interno del Teatro regnasse la pace e tutti fossero d'accordo sulle scelte del sovrintendente, Cecalotti chiede la parola. «Domando all'uomo Di Benedetto come fa a rimanere al suo posto avendo tutti contro: lavoratori, sindacati e cda e con il contratto in fase di rescissione?». Secca la risposta: «Io faccio il mio lavoro, anche se quello che dice è la realtà. Mi preoccupo solo di quello che succederebbe se da lunedì non fossero in vendita gli abbonamenti per la stagione». Ma la conferenza stampa di ieri, probabilmente è l'ultimo atto che Di Benedetto compie da sovrintendente. «La prossima settimana ci dovrebbe essere la riunione del cda e la risoluzione del contratto del sovrintendente sarà sicuramente un punto all'ordine del giorno», afferma il consigliere d'amministrazione Maurizio Porcelli.
LA REGIONE Intanto il cda lunedì scorso ha approvato il piano di risanamento dei debiti che la Regione ha chiesto al Teatro per avallare il mutuo bancario. «Un documento necessario», specifica Di Benedetto, «che permette al Lirico di ripartire come merita». Su come cambiare rotta è ancora scontro. Il piano industriale del sovrintendente (bocciato dal cda il 31 dicembre scorso), prevede 101 spettacoli. Ma per i sindacati ne servirebbero almeno il doppio.
Mario Gottardi