Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Calamosca in sicurezza

Fonte: L'Unione Sarda
5 marzo 2012

IL PROGETTO

. Il Comune “chiama” gli esperti del Parco Geominerario
 

Il sindaco studia una soluzione dopo i crolli
Vedi la foto
Prima di essere eletto sindaco, Massimo Zedda era un frequentatore (quasi) abituale della spiaggia di Calamosca. Ovvio che, sedutosi sulla poltrona di primo cittadino, si sia posto il problema di rendere fruibile la parte chiusa per i crolli nei costoni degli ultimi anni. E ha individuato una soluzione: per mettere in sicurezza quelle aree, si potrebbero utilizzare le conoscenze di chi in quel settore sa tutto, gli specialisti del Parco geominerario. Un'idea che ha espresso anche durante una trasmissione televisiva nazionale.
LE AREE Non solo di Calamosca si parla. Da recuperare ci sono anche alcune aree dell'ex convento dei cappuccini e l'ex spazio della Croce Rossa. «Si tratterebbe», afferma Zedda, «di fare quello che è stato già realizzato nel Sulcis dove, per esempio, sono state rese fruibili le zone a rischio di Buggerru». Ma, prima di fare promesse, il sindaco vuole sedersi al tavolo con i rappresentanti del Parco. Perché gli interventi costano e il denaro non abbonda. «Ma vale la pena di rifletterci. E si potrebbe intervenire coinvolgendo le imprese locali».
GLI INTERVENTI Ma sono solo buoni propositi o ci può essere davvero qualcosa di concreto? Giampiero Pinna, coordinatore della Consulta delle Associazioni del Parco Geominerario, è ottimista. «Noi, direttamente», spiega, «non potremmo fare un intervento del genere dal momento che non siamo una società operativa. Ma possiamo mettere a disposizione, gratuitamente, la nostra esperienza e le nostre conoscenze». Poi, ci sarebbe da intervenire praticamente. E, anche in questo caso, c'è una soluzione a portata di mano: della Consulta fa parte anche l'Igea, una società in house della Regione. Sarebbe un modo interessante per abbattere i costi.
LE SOLUZIONI Che, comunque, potrebbero scendere facendo ricorso alle più recenti tecnologie. In passato, quando un costone era a rischio, veniva “vestito” con imbragature metalliche. Nel frattempo, la tecnologia ha fatto passi avanti. «Esistono», riprende Pinna, «una serie di tecniche che sono state utilizzate in situazioni ben più difficili come, per esempio, quelle che si presentano nell'arco alpino». Per impedire crolli, gli interventi possono essere limitati. «Esistono», spiega Pinna, «bulloni in resina, meno costosi e meno invasivi». Per piazzarli fondamentale l'esperienza degli esperti sulcitani. Interventi che consentirebbero di riappropriarsi di zone sconosciute. E perché non sognare anche la messa in sicurezza della Sella del Diavolo, chiusa dopo il crollo che, una ventina d'anni fa, provocò la morte di un pescatore?
Marcello Cocco