I tragici eventi del '43
Quarantanove B17 si affacciano sul cielo cagliaritano, sganciando il loro carico di bombe. Ventiquattro ordigni della flotta anglo-americana arrivano sulla città Obiettivo: il porto e le sue navi, bersaglio mancato due giorni prima. È il 28 febbraio 1943, «una bellissima giornata di sole», rievoca Giampaolo Lallai, moderatore dell'incontro, «improvvisamente oscurata, alle 12,50, da alcuni colpi di cannone». La città è travolta da una nuova ondata di distruzione dopo il bombardamento del 17 febbraio. Alle 13,05 vengono sganciati gli ultimi ordigni. L'epilogo è tragico: quattrocento morti più un numero imprecisato di feriti, dispersi e non identificati.
Sono passati 69 anni e la ferita è ancora aperta. Ieri, a Palazzo Siotto, la sala era gremita, e la città ha ricordato attraverso le parole dello storico Aldo Accardo, presidente della fondazione “Giuseppe Siotto”, l'intervento di Mario Lixi, coordinatore della memoria storica “Cagliari 1943”, e la proiezione di film di Sergio Orani. «È stata una pagina terribile, che ha segnato la fine della città come capoluogo della Sardegna», ha raccontato Pierluigi Leo, assessore comunale ai Servizi tecnologici, portando i saluti del sindaco Massimo Zedda. Ma segnate anche dal «miracolo della rinascita, senza precedenti e unica nella storia della città». Il concetto della ricostruzione è ripreso da Myriam Quaquero: «Nel '43 la città si svuotò, ricordo ancora le immagini desolanti della processione di Sant'Efisio». Eppure i cagliaritani sono riusciti a reagire «ricostruendo la città più bella di prima», rimarca Accardo. «Il 28 marzo '44, a poco più di un anno dai bombardamenti, fu organizzato il primo concerto», aggiunge la Quaquero. Segno che la voglia di riscatto e di rinascita degli anni del dopoguerra aveva prevalso sulla rassegnazione davanti alle macerie. «Anni non sempre ricordati con il dovuto risalto», polemizza Lallai, «spesso per colpa di noi istituzioni», ammette Leo. L'idea di Lixi di «realizzare un “museo della memoria” per ricordare le dolorose conseguenze di un dramma inaspettato», sarebbe certo un modo per portare luce. «Il dovere degli storici è quello di dare risposte», precisa Accardo. «Dobbiamo ancora capire perché gli alleati decisero di bombare la città».
Sara Marci