L’attacco
EDILIZIA L’Ance contro la delibera del Consiglio che delimita le aree di intervento sui fabbricati esistenti. De Pascale: subito un incontro. Nel settore persi 15mila posti di lavoro in 5 anni
Tempi troppo lunghi per ricevere i pagamenti e contrazione del credito: il settore edile sardo dichiara fallimento e contesta i metodi e le scelte della politica, anche a livello comunale. Il default è stato dichiarato, dati alla mano, da Maurizio De Pascale, presidente dell’Ance regionale (associazione dei costruttori edili): dal 2007 sono stati persi oltre 15mila posti di lavoro e il 47 per cento delle imprese è stato costretto a chiudere. In tale contesto il piano casa potrebbe dare una boccata d’ossigeno importante, ma i vincoli imposti dall’amministrazione comunale a Cagliari rischiano di ridurre l’impatto della misura. Con l’approvazione di una delibera molto contestata dalla minoranza, sono state sottoposte a tutela le zone che ricadono sotto la zona B del Piano urbanistico. Il centro, ma anche sezioni del Cep, di San Benedetto, o di Genneruxi, non potranno subire modifiche, quando molti palazzi cagliaritani, costruiti in fretta nel dopoguerra, potrebbero essere demoliti e ricostruiti nel quadro di un progetto per il miglioramento della qualità della vita in città: «Noi diciamo sì al piano casa. Ma deve essere tradotto bene dalle amministrazioni comunali », ha detto De Pascale, «abbiamo chiesto un incontro con il Comune di Cagliari per discutere anche di questi temi». Secondo il presidente dell’Ance, sarebbe utile pensare ad un “piano città”, non solo su Cagliari, per rendere i centri urbani accoglienti e a misura d’uomo. Per risollevare il settore edile, nel capoluogo come nel resto dell’Isola, «le risorse vanno incanalate» ha detto il presidente dell’Ance: «Servono incentivi ai privati per i lavori sulle abitazioni, ma soprattutto il pubblico deve ricominciare ad investire in infrastrutture ». Il problema non sono i fondi, ma il loro utilizzo. «Basterebbe che Abbanoa trasformasse in cantieri i 680 milioni per le infrastrutture o che i comuni utilizzassero il miliardo di residui passivi bloccati», ha detto De Pascale, «per rimettere in moto il settore e recuperare posti di lavoro. Alla politica chiediamo di agire, anche per questo la prossima settimana avremo un’audizione in commissione Urbanistica del Consiglio regionale». La ricetta del presidente dell’asso - ciazione dei costruttori, però, non può prescindere dalla soluzione del problema principale che ha portato al fallimento dell’edilizia non solo in Sardegna, ma a livello nazionale: i mancati pagamenti delle pubbliche amministrazioni. Le imprese, denuncia l’Ance, sono costrette ad attendere fino a due anni per vedersi riconosciuti i propri crediti, il patto di stabilità blocca gli enti pubblici e paralizza il mercato impedendo anche il pagamento delle opere già effettuate. «Il governo Monti si è impegnato a recepire entro due mesi la direttiva europea che impone i pagamenti a 30 giorni dalla prestazione, 60 giorni in casi eccezionali», dice De Pascale. È un primo passo per tentare di curare la crisi cronica di liquidità in cui versa il settore, una crisi che le banche non sono più disposte a coprire, come dimostrano i dati sui finanziamenti erogati: nel 2011, per il residenziale, sono stati quasi la metà rispetto all’anno precedente.
Michele Salis