La famiglia vince la battaglia giudiziaria: il giudice indica anche i nomi degli indagati
Morì in moto sull'Asse mediano, negata l'archiviazione
L'inchiesta sulla morte di Morgan Moi - l'ingegnere di 41 anni vittima il 18 gennaio di un anno fa di un incidente in moto sull'Asse Mediano, all'altezza dello svincolo per via dei Carroz - non deve essere archiviata. Lo ha stabilito il Gip Giorgio Altieri che non si è però limitato a ordinare la riapertura del fascicolo, ma ha persino indicato al pm Andrea Massidda i nomi di chi indagare - compreso quello del funzionario comunale Sergio Murgia -, gli ulteriori accertamenti da svolgere e i documenti da acquisire. Un risultato che premia la testardaggine della moglie della vittima, Maria Arangino, e dei suoi avvocati Patrizio Rovelli e Maria Grazia Monni, che si erano duramente opposti all'archiviazione e i cui rilievi - come sottolineato dal Gip nell'ordinanza del 18 febbraio - «si devono in astratto integralmente condividere».
LA RICHIESTA DEL PM La battaglia giudiziaria era iniziata lo scorso settembre quando il pm Massidda aveva concluso l'inchiesta ritenendo che non ci fossero «elementi di colpa a carico di nessuno». E ciò nonostante il suo stesso consulente, l'ingegnere Marongiu, avesse stabilito che l'incidente era stato causato da un gradino sull'asfalto e non da una manovra errata di Moi. Perché archiviare allora? Quando avvenne l'incidente - era il ragionamento del pm - il Comune aveva già affidato i lavori su quel tratto di strada pericoloso a una ditta che, dal canto suo, stava rispettando i tempi previsti.
«CERCATE I COLPEVOLI» Una tesi non condivisa però dal Gip Altieri secondo il quale, invece, «la morte di Moi appare ascrivibile a responsabilità colposa dell'ente proprietario della strada (il Comune) e/o dell'impresa appaltatrice» ed è dunque «necessario che la prosecuzione delle indagini sia preceduta dall'iscrizione nel registro delle notizie di reato del responsabile del servizio urbanizzazione e mobilità, Sergio Murgia, del direttore dei lavori, Sandro Murtas, e di Massimiliano Tocco, direttore tecnico della società appaltatrice Inco srl».
LA DITTA Pesante, ad avviso del Gip, appare soprattutto la posizione della ditta che doveva eliminare dallo svincolo un insidiosissimo delimitatore di corsia. «Il consulente - scrive Altieri - ha evidenziato che i lavori furono eseguiti in modo inadeguato, in quanto la rimozione del delimitatore causò la formazione di un gradino longitudinale tra i 3 e i 4 centimetri che provocò l'incidente. Tale gradino, infatti, era stato coperto attraverso la maldestra applicazione di bitume senza tenere conto» che «il transito dei veicoli avrebbe inevitabilmente ricreato, progressivamente, il gradino». Insomma, «per eliminare un pericolo se ne creò uno maggiore». Ecco perché per fare chiarezza è ora «necessario acquisire tutta la documentazione», sin in Comune che all'Inco, su quell'appalto.
IL FUNZIONARIO Quanto a Murgia il giudice sottolinea come il Comune «mantiene una posizione di garanzia che è limitata, ma non esclusa, dall'appalto dei lavori a un terzo e che si fonda sui presupposti della conoscenza del pericolo, dell'evitabilità dell'evento lesivo e dell'omesso intervento per l'eliminazione del medesimo». Ragione per cui è indispensabile «accertare se prima dell'evento mortale fossero state segnalate al Comune situazioni di pericolo in relazione al tratto di strada in questione e appare utile in particolare verificare presso la polizia municipale e la polizia stradale se vi siano stati in loco incidenti analoghi».
Massimo Ledda