PAOLO CATELLA
La percentuale di famiglie che vive al di sotto della soglia di povertà sfiora ancora il 20 per cento. La dispersione scolastica resta a livelli intollerabili. Tutto questo genera incertezza nel futuro, malessere e rassegnazione, a volte vera e propria disperazione. E rappresenta una sfida alla politica, che la politica ancora non riesce ad affrontare con il necessario coraggio. Ma c’è anche una Sardegna che non si arrende, che cerca ostinatamente una via per mettere a frutto i saperi e i talenti di cui è ricca, che crea nuove forme di solidarietà e coesione, prova a superare l’antico retaggio della disunione e dell’inimicizia, aspira a uno sviluppo sostenibile che non cancelli un ambiente inimitabile.
I sardi all’Italia hanno dato molto e non sempre hanno ricevuto il giusto, ma questa Sardegna non chiede nuove forme di assistenzialismo o altre elemosine. Semmai il rispetto di patti sottoscritti e di un’autonomia tenacemente rivendicata. Questa Sardegna non vuole più essere quella dei «lamenti senza principio e senza fine» che già Emilio Lussu chiedeva di archiviare. Vuole essere messa in condizione di dare un contributo pieno alla crescita equilibrata del Paese. Questa Sardegna è una risorsa, non solo un problema.
E tra le risorse fondamentali che non può permettersi di dissipare c’è l’Università di Sassari. I suoi 450 anni di storia sono la testimonianza dello straordinario patrimonio culturale al quale possono attingere gli studenti che la frequentano e il territorio che la circonda. Ma l’ateneo è anche un ponte verso un domani che sarà sempre più interconnesso e globale. Il futuro che i giovani hanno il diritto di poter costruire.
Celebrare questo anniversario e i 150 anni dell’unità d’Italia con l’inaugurazione di un teatro che Sassari attendeva da più di un ventennio è un segno di ottimismo, quasi una dichiarazione d’intenti di una città che vuole guardare avanti anche in tempi difficili.
Dopo la visita a Sassari, Napolitano si trasferirà ad Alghero, città orgogliosa della propria identità, delle sue radici storiche e culturali forti, dove terrà a battesimo il museo dedicato a Giuseppe Manno. Non era certo un rivoluzionario, il presidente del Senato del Regno, ma tracciando il ritratto di Eleonora d’Arborea nella sua più importante opera di storico, trovò il modo di indicare uno dei nodi che restano decisivi anche in questa nostra epoca innovativa e incerta: «Essere cioè una cosa certa che dalla giustizia debba derivare l’accrescimento e prosperità di qualunque provincia, regione o terra».
Benvenuto presidente.