SAN MICHELE. La paura
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Due mesi fa furono svegliati nel cuore della notte da undici colpi d'arma da fuoco, due dei quali forarono il vetro della camera da letto in cui stavano dormendo insieme alla loro figlia di due anni e mezzo. Da allora chiedono quasi ogni giorno al Comune di essere trasferiti in un altro quartiere, perché hanno paura. Ma tutti i loro appelli sono caduti nel vuoto. Protagonisti della drammatica vicenda, Jessica Saba, 25 anni, e Mauro Stara, 32 anni. L'attentato risale alla notte tra il 30 novembre e il primo dicembre. Gli spari intorno alle 22, in via La Somme. Oggi la famiglia dorme per lo più a casa di amici. Lei sta per terra insieme al marito mentre la bimba riposa sul divano. Il ricordo dell'attentato a colpi di fucile è ancora vivo e quando ne parla Jessica appare visibilmente scossa, come se il fattaccio fosse appena avvenuto. «Non abbiamo idea del motivo che possa aver spinto qualcuno a sparare contro le nostre finestre», afferma, «non abbiamo nemici, la nostra fedina penale è immacolata. Forse qualcuno era geloso della mia attività nell'ambito del Comitato di quartiere, finalizzata a risolvere i tanti problemi degli abitanti della zona. Non so che cosa pensare, ma tra il vedere e il non vedere mi sono dimessa dall'incarico».
Le pallottole infransero i vetri della cucina e della camera da letto. «Ricordo che il letto era pieno di pezzi di vetro. È un miracolo che mia figlia non ne sia uscita sfigurata, dato che dormiva vicino alla finestra». Jessica Saba e Mauro Stara sono disperati, chiedono aiuto. «Il Comune deve assolutamente trovarci un'altra sistemazione perché in via La Somme non vogliamo restare. Non possiamo continuare a trascorrere le notti insonni nel timore che qualcuno riprovi a spararci. Ce ne stiamo spesso per terra, al buio, con le serrande abbassate. Non ce la facciamo più, abbiamo perso la serenità, anche perché i responsabili non sono stati individuati».
La famiglia, tra l'altro, versa in gravi difficoltà economiche. «Mio marito fa il manovale, ma non basta. Non possediamo niente e siamo totalmente in carico ai Servizi sociali che ci pagano ogni mese i 300 euro dell'affitto relativo alla casa in cui peraltro non stiamo neanche più abitando proprio a causa dell'attentato subìto».
(p.l.)