Fino al 19 al Civico di Cagliari la mostra proposta dalla Fondazione Bartoli-Felter
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E'l'anno del dragone, si è forse detto Lorenzo Stea. O magari no, egli ignora l'oroscopo cinese e le sue fauste previsioni. In ogni caso l'artista dedica interamente la sua personale, allestita sino al 19 febbraio al Teatro Civico di Castello, alle suggestioni del Celeste Impero. Lanterne rosse, formidabili armigeri, tigri e serpenti in una mostra, intitolata “China”, che attinge all'iconografia classica di una cultura millenaria.
Affermano i sinologhi che gli antichi maestri dipingevano su fragili rotoli di carta e di seta, poi riposti nel chiuso dei mobili come oggetti preziosi da sottrarre alla vista. Lorenzo Stea invece adopera come supporti pesanti teli ferroviari ancora muniti di fibbie e lacci. Sul tessuto indurito compone figure cariche di simbolismi mal conosciuti da noi occidentali o interpretati erroneamente perché assai complessi e stratificati.
Sulle superfici scabre, in qualche punto usurate, si avvicendano in ordine sparso le posizioni del Buddha, i portoni invalicabili, i templi di Confucio, gli spiriti benigni e quelli maligni. Gli shen e gli oui, il cavallo tenace, la tigre coraggiosa, l'augurale crisantemo. Ma Stea inserisce nell'insieme delle scene esotiche presenze aliene: pesciolini verdi che fluttuano in bocce di vetro, farfalle, ramarri, scheletri di cani.
A collegare in qualche modo la Cina che fu a quella che non sappiamo cosa diventerà, un grigio ritratto di Mao che guarda lontano. Sino a non molti decenni fa, nel paese riformato dal Grande Condottiero, era proibita qualsiasi forma di collezionismo privato. Ora sono le gallerie di Shanghai e di Pechino a dettare le quotazioni e ad imporre i talenti emergenti che nelle loro opere, in genere tumultuose e fortemente colorate, assai si discostano dalla sobrietà degli avi. Il mercato guarda a Oriente, come attestano gli esiti delle aste e l'interesse degli investitori. La scelta tematica di Lorenzo Stea dà il destro per una riflessione sulle origini di un fenomeno che ha invaso le fiere del settore ed è passato dalla fase del Political Pop ( commistione tra realismo socialista e pop art americana) a una produzione difficilmente etichettabile.
Piemontese da molto tempo trapiantato in Sardegna, Lorenzo Stea propone una sequenza di soggetti che mettono in risalto la sua abilità tecnica. Ha mano sicura nel ricreare le immagini di un mondo ormai archeologico in cui immette una vena surrealista. Si concede qualche licenza poetica riprendendo una geisha giapponese che si fa ombra col ventaglio o approfittando dei ganci di un tendone per appendervi delle catenelle di metallo. Tentazioni d'artista che un poco diluiscono l'impatto di questi dei e guerrieri atterrati nel cuore di Castello per iniziativa della Fondazione per l'arte Bartoli-Felter in collaborazione con l'assessorato comunale alla cultura. A bilanciare gli echi della Storia di una nazione che si trasforma - con una certa violenza - in continuazione, le facce e gli abbigliamenti dei cinesi dei nostri tempi. Quelli che vediamo nelle città moderne, fotografati sullo sfondo dei cartelloni pubblicitari e delle luci al neon.
Alessandra Menesini