Comunale, l’omaggio a Debussy
Un’emozionante prova solista di Giampiero Sorbino
GABRIELE BALLOI
CAGLIARI. Giuseppe Grazioli e Giampiero Sobrino protagonisti nell’appuntamento del Comunale, all’interno del cartellone della stagione del Lirico. Sulla scia dell’«Omaggio a Debussy» diretto da Renzetti, anche la locandina di venerdì (replicata sabato) ha visto in programma, il caposcuola dell’impressionismo. Ma è giusto un titolo, in apertura, con una veste strumentale neppure autografa. Si tratta infatti dell’orchestrazione postuma che Henri Büsser ne fece per un balletto dell’Opéra di Parigi. Concepita originariamente per pianoforte a quattro mani, la «Petite Suite» fu composta su suggerimento dell’editore Durand, così da soddisfare la richiesta di nuovo repertorio cameristico. Al di là, poi, delle frequenti critiche di manierismo e scolasticità, varrebbe invece la pena notare come nei quattro movimenti della Suite si possano ritrovare comunque quelle raffinatezze formali, quello “charme” e quell’incantevole poeticità motivica tipicamente debussiani.
Certo, la trascrizione di Büsser ne costituisce solo una personalissima rilettura, e la direzione di Giuseppe Grazioli, guidando l’Orchestra del Lirico, ne evidenzia senza’altro le qualità migliori: ad esempio l’elegante dialogo fra sezioni orchestrali, intriganti sottolineature armoniche, lievità e policromia di timbri. Qualità di cui, peraltro, non mancava affatto anche l’altra “suite” in programma, «Appalachian Spring» di Aaron Copland (1900-1990), uno dei maggiori compositori della scuola americana. In questo caso, però, avveniva esattamente il contrario: da una musica per balletto, commissionata da Martha Graham, l’autore stesso ricavò una sintesi che mise insieme, senza soluzione di continuità, le pagine principali della partitura originaria. È un’interpretazione abbastanza accesa, quella di Grazioli, che lascia spesso trionfare (forse anche troppo) gli ottoni sugli archi, lettura perciò radiosa, squillante ma capace a momenti, come nel pedale finale, pure di alcune delicatissime nuances. Le stesse che aprivano, ancora di Copland, il «Concerto per clarinetto e orchestra d’archi, pianoforte e arpa», con solista un bravissimo Giampiero Sobrino.
Un mix di virtuosismo tecnico unito ad una commistione sopraffina di vari stilemi: jazz, musica popolare sudamericana, o addirittura l’ultimo Mahler nello «slowly and expressively» della prima parte. Ed è mahleriana, fra l’altro, la citazione (riconoscibilissima) del «Veni, Creator Spiritus» nei «Chichester Psalms» di Leonard Bernstein, dove Grazioli ha voluto rendere appieno il carattere dirompente, sfrenato e quasi orgiastico di questa musica paradossalmente “sacra”. È soprattutto la nutrita sezione di percussioni a rimarcare gli improvvisi e frequenti sbalzi di dinamica, in un vivacissimo caleidoscopio di ritmi e colori che faceva impiego sia del coro ben preparato da Marco Faelli, sia della dolcissima voce bianca di Mauro Farci.