la storia Disperazione in Municipio
Tra poco davanti al Municipio non ci sarà più un posto libero. Il palazzo civico è ormai diventato il punto d'arrivo di precari e disoccupati, assieme all'altro edificio importante di via Roma, il Consiglio regionale.
Enrico Bernardi è ancora incatenato al portone di Palazzo Bacaredda assieme a 40 ex dipendenti dei cantieri regionali di lavoro che sperano in un'assuzione. Ieri si è «liberato» per tentare di partecipare, assieme ad alcuni precari, ad un incontro tra i sindacati e l'assessore al personale Giuseppe Farris sul futuro degli ex lavoratori socialmemte utili. Davanti al rifiuto (l'incontro non riguardava loro) ha dato in escandescenze e si è sentito male. Poi è tornato giù e si è rincatenato.
La sua è una protesta recente rispetto a quella di Antonio Zanda, 49 anni di Sant'Elia, sposato e padre di due figli di 3 e 15 anni. Da quattro anni, da quando ha perso il lavoro, ogni mattina si reca in via Roma e fino al primo pomeriggio picchetta l'ingresso del Palazzo civico armato esclusivamente di una bandiera della Cisl e pure di uno striscione della Cgil. Qualunque sindacato, per lui, va bene. «Vengo qui ogni giorno di buon mattino e posso dire di essere di casa. Quando c'è consiglio mi trattengo anche di sera, altrimenti me ne torno a casa mia. Conosco tutti: il sindaco e i consiglieri mi salutano sempre con un cenno della mano. Sorridono e a volte si fermano a chiacchierare. So che per me si sta cercando una sistemazione, ma per il momento non è stata trovata alcuna soluzione». Nella sua vita Zanda ha sempre lavorato. «Ho fatto di tutto: l'apprendista fabbro in un'officina di Elmas, il muratore, il bombolaio, l'operaio in una fabbrica di imballaggi e ho lavorato anche alle dipendenze di una ditta che produceva cemento armato».
Tra il 1994 e il 2000 Zanda ha prestato servizio in città con la qualifica di lavoratore socialmente utile (Lsu). «Mi occupavo della manutenzione dei giardini comunali, della potatura delle piante, del recupero delle frasche e della pulizia delle strade». Poi cos'è successo? «Il Comune cercava 7 unità per lo svolgimento dei servizi cimiteriali e sono stato scelto io insieme ad altri sei». Per quattro anni, dal 2000 al 2004, ho lavorato ogni giorno al cimitero di San Michele. «Mi occupavo delle riesumazioni», racconta, «poi l'impresa appaltatrice del servizio è cambiata e siamo rimasti tutti senza lavoro. Un collega è andato in pensione mentre per altri quattro è stata trovata subito un'altra sistemazione. Soltanto io e un altro siamo rimasti a bocca asciutta». Oggi, dopo quattro anni di disoccupazione, l'uomo è disperato e non sa più a che santo votarsi. Ma non intende rassegnarsi. «I sindacati stanno seguendo il mio caso», assicura, «e mi hanno riferito che presto dovrebbe essere trovata una soluzione. Io ci spero tanto. Nel frattempo continuerò a venire tutti i giorni qui. Se mi vedono non possono dimenticarsi che esisto».
PAOLO LOCHE
24/09/2008