Centro di documentazione e studi delle donne
Quaderni storici e tutte le riviste delle donne, anche quelle cessate. «Siamo una realtà culturale unica in Sardegna e la nostra struttura si tiene in piedi con 20 mila euro l'anno grazie al volontariato di cinque socie e la collaborazione gratuita di alcune amiche. Certo non basta». Fa i conti Annalisa Diaz, rappresentante legale della cooperativa La Tarantola che a Cagliari gestisce il Centro di documentazione e studi delle donne. Negli anni Settanta, prima con la Libreria delle donne e quindi con il Centro, faceva parte di un gruppo che improntava il lavoro non sulla rivendicazione ma sulla riflessione, per essere consapevoli, avere libertà di pensiero prima che sessuale. E, per gli incontri, quel favoloso circuito di ragazze illustri non sarde veniva ospitata in casa. «Abbiamo sempre cercato di ridurre le spese. Quando affittammo i magazzini, gli stessi locali dove stiamo oggi, siamo state noi a ristrutturare scartavetrando da sole scaffali presi di seconda mano». Passione ed entusiasmo di 19 ragazze, provenienti e no da collettivi femminili. Il femminismo? «I media hanno sottolineato sempre e solo il momento spettacolare delle manifestazioni. Ma il grande e vero impegno è stato lo scavo dentro di sé».
Sono più di trent'anni che in via Lanusei si produce cultura. Ottomila volumi di materiale librario, archivio (riconosciuto dal ministero per i Beni culturali), il fondo con le tesi di laurea. Tesoro cittadino funzionante come biblioteca pubblica e a rischio di chiusura. «I problemi sono i costi fissi: fitto, luce, telefono, imposta Tarsu, assicurazioni obbligatorie e tutto ciò che è previsto dalla legge per il funzionamento di una biblioteca inserita nel polo del Sistema bibliotecario nazionale e nel circuito urbano di lettura», racconta con in mano una lettera giunta un paio di giorni fa e che svela, finalmente, il contributo regionale. Mal comune di chi fa cultura, arriva sempre dopo e addio alla degna programmazione. Importo stanziato: poco più di 4 mila euro per acquisto di libri, riviste e attrezzature tecniche. Meno dell'ultima volta e dimezzato rispetto a due anni fa. «C'erano poi 4-5 mila euro per le iniziative diffusione della pubblica, ma per il 2011 sono stati tagliati dalla precedente Giunta», aggiunge. A volte arrivano per progetti speciali di ricerca. A proposito: nel 2012 si dovrebbe pubblicare una ricerca sul femminismo in Sardegna negli anni Settanta, grazie alla Fondazione del Banco di Sardegna.
Le socie sentono soprattutto la mancanza di una passata convenzione con il Comune per un contributo all'affitto e per pagare gli specialisti della catalogazione. In cerca di soluzioni, l'incontro con l'assessore alla cultura Enrica Puggioni ha sollevato l'ipotesi di usare gli spazi comunali ancora da ristrutturare nella Mediateca. Ma il tempo stimato è di un biennio. E intanto? Poi le donne nuove che arrivano per collaborare. «Per fortuna. Siamo cinque pensionate che lavorano come volontarie, ma le energie non sono più quelle di prima». E ricorda le battaglie da deputata (era la X Legislatura) per il riconoscimento del volontariato culturale. Invita a riflettere su una “legge distorta”: «La cura della mente, come quella del corpo, non è un servizio?».
Manuela Vacca