PIRRI. Col suo bimbo di due anni, sfonda una finestra: dovevo farlo
Occupa la casa dell'inquilina appena morta
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Non c'era tempo da perdere perché se non l'avesse fatto lei, lo avrebbe fatto qualcun altro e sarebbe rimasta senza casa. Non appena ha saputo che l'inquilina dell'appartamento attiguo a quello in cui viveva insieme a sette suoi familiari era deceduta, non ha esitato a forzare la finestra e a installarsi insieme al suo bambino di due anni e mezzo nella casa della malcapitata anziana, colpita da un ictus (fatale) all'età di 83 anni. Una decisione dettata dalla disperazione. Chiara Torrente, 23 anni, ragazza-madre cagliaritana, ha atteso che il corpo della vicina (che non aveva figli) fosse rimosso e che i nipoti della scomparsa portassero via i mobili.
L'OCCUPAZIONE Sono trascorsi due giorni, da giovedì (giorno del decesso) a sabato della settimana scorsa. Dopodiché, all'alba di domenica, ha frugato nella cassetta degli attrezzi, ha preso una chiave inglese e ha forzato la finestra della casa a fianco, al piano terra, in via Antonio Sanna 27, a Pirri, in uno dei rioni più disagiati della città, ribattezzato “il Bronx”. Un appartamento ormai vuoto di 75 metri quadri del quale la giovane donna ha preso possesso insieme alla zia, Antonia Torrente, 46 anni, separata senza figli, invalida grave. «Fino a sabato scorso vivevamo a casa di mia nonna, nell'appartamento confinante», spiega Chiara, «eravamo in otto, io, mio figlio, mio padre, mia madre, mio fratello che ha 21 anni, mio zio, mia zia e fino a poco tempo fa c'era anche un altro zio».
LA SITUAZIONE La convivenza era ovviamente difficile. «Tutto il nucleo familiare si reggeva sulla pensione e sull'assegno di accompagnamento, di mia nonna, assegnataria dell'alloggio comunale. Io ho la terza media, ho lavorato in nero in un ristorante che poi ha chiuso, ho anche fatto le pulizie, ma non sono mai riuscita a trovare qualcosa di meglio che mi consentisse di poter pagare un affitto». L'ex fidanzato, padre del suo bimbo, l'ha lasciata sei mesi dopo il parto. «Continuiamo a sentirci ma lui non può aiutarmi perché è stato licenziato e al momento è disoccupato. Nella casa in cui vivevamo, in otto, non si poteva più stare. L'appartamento cadeva a pezzi e nelle pareti era pieno di muffa. Non potevo crescere mio figlio in un ambiente così malsano». La giovane ha ricevuto la visita di due impiegati comunali. «Per fortuna la polizia non si è ancora vista e nessuno è venuto a mandarci via. Se ci proveranno, noi non ce ne andremo. Si sono presentati due impiegati dell'ufficio Patrimonio, hanno preso i miei dati e mi hanno detto che con il mio comportamento rischio una denuncia».
Paolo Loche