Case popolari
I CANTIERI Il vicepresidente della commissione Lavori pubblici Gianni Chessa dice no ai progetti per gli alloggi di Is Mirrionis e via Donizetti: «Non creiamo ghetti». La replica del presidente, Maurizio Chessa, Pd: avanti o perdiamo i fondi
Sarà trasformata in una palazzina popolare l’ex scuola di via Flumentepido: una trentina gli appartamenti che potranno essere ricavati. Più o meno lo stesso destino avrà la struttura di via Donizetti: in questo caso l’ex istituto ormai abbandonato sarà riconvertito per creare abitazioni da vendere a prezzi agevolati. Ma i due progetti messi in cantiere dall’amministrazio - ne comunale per risolvere la fame di alloggi popolari dividono maggioranza e opposizione. Contrario il vice presidente della commissione Lavori Pubblici ed ex assessore al Patrimonio della giunta Floris, Gianni Chessa dell’Udc. Che dice: «Non si possono costruire case popolari in quegli edifici. Basta con i ghetti, meglio attività sociali ». E domani presenterà in Consiglio una mozione proprio sul tema firmata insieme al consigliere sardista Paolo Casu. Ribatte l’altro Chessa, Maurizio, Pd, presidente della stessa commissione: «I due piani di lavoro dovevano essere realizzati per non perdere i finanziamenti». E prosegue: «Le difficoltà riguardano anche gli interventi di manutenzione in particolare per le abitazioni di via La Somme e via Podgora. La ditta che aveva vinto l’appalto non era in regola con il Durc (documento unico di regolarità contributiva). Quindi sarà assegnato ad un’altra impresa».
GLI INTERVENTI IN CANTIERE Intanto i due programmi per via Flumentepido e via Donizetti erano stati già messi in cantiere dalla giunta Floris ma mai realizzati. A rischio c’era - no 60 milioni di euro di fondi regionali che, in caso di mancato avvio dei cantieri, sarebbero stati bruciati. Ma quello che non va giù a Gianni Chessa è soprattutto la costruzione della nuova struttura sulle ceneri dell’ex scuola di via Flumentepido. «A Is Mirrionis ci sono già abbastanza case popolari, costruirne delle altre non farebbe altro che fare della zona un ghetto», spiega. E propone l’alternati - va: «Meglio sarebbe utilizzare le aree di scambio: cioè preparare nuovi alloggi e nel frattempo abbattere quelli che non possono essere più restaurati ». È il caso dei palazzoni di piazza Granatieri di Sardegna: problemi strutturali renderebbero inutile qualsiasi intervento, la loro demolizione è stata presa in considerazione dall’at - tuale amministrazione. Continua ancora l’esponente dell’Udc: «Dei 70 milioni spesi dalla giunta Floris per riqualificare le case popolari oggi non è rimasto più nulla. C’è bisogno di dare dignità all’edilizia popolare, alla città servono almeno 200 appartamenti decenti. Basta con le topaie». Per Maurizio Chessa, Pd: «Esiste una vera emergenza sociale e abitativa. Abbiamo dovuto lavorare pancia a terra per evitare che progetti anche condivisibili presentati già dal centrodestra andassero in scadenza con la relativa perdita dei finanziamenti». È d’accordo anche lui nell’evitare i ghetti e per questo «per quello che riguarda via Flumentepido si potrebbe pensare di lasciare una parte della struttura per fare attività sociali o ricreative ». Ma quello che occorre, per il presidente della commissione Lavori pubblici è «cambiare il concetto che in città esistono delle zone destinate solo alle abitazioni popolari. Bisogna uscire dagli interessi ideologici e riflettere su come risolvere i problemi ». Altro nodo centrale sollevato dall’esponente Pd è quello dei controlli sui lavori di manutenzione: «Non c’è dubbio - spiega - che serve anche un modo per controllare che i diversi lavori di intervento vengano eseguiti senza risparmiare. In questo caso c’è la necessità di essere il più efficienti possibile». Francesca Ortalli