Il pranzo Cinquecento storie di povertà
Quasi 500 persone hanno partecipato ieri al pranzo di solidarietà organizzato dal Comune nella palestra della casa di riposo Vittorio Emanuele II. Fin da metà mattina, in tanti stazionavano nel giardino della struttura, aspettando l’ora di pranzo. Vecchie e nuove povertà, che fotografano una situazione locale decisamente grave. Non solo senzatetto, anche tanti signori di mezz’età divorziati ed in alcuni casi finiti dall’oggi al domani in mezzo alla strada, passando per molte famiglie con bambini piccoli. Pochi gli extracomunitari presenti, la quasi totalità provenienti dall’est Europa. Rabbia, disperazione ed incertezza per il domani: queste le sensazioni che accomunano le tante persone che aspettano di poter mangiare un antipasto, due primi, due secondi, frutta e dolce, come previsto dal menu. Lucia, da pochi anni divorziata, la prende con filosofia: «Bisogna sapersi adattare e fare tante rinunce, accontentandosi del minimo. Vivo sola con 500 euro di pensione, mia figlia ha appena avuto una bambina e mi aiuta quando può, è una precaria». Più grave la situazione di Mario, 50 anni, dalla provincia: «Sono separato, passo le mie giornate in strada e di notte trovo rifugio in una cantina. Ho perso il lavoro, prima dovevo dare 800 euro mensili di mantenimento alla mia ex moglie ed alle mie due figlie, con 1000 euro di stipendio era pazzesco». Mario prosegue affermando che «gli stranieri sono privilegiati, aiutano prima loro. Spesso pranzo alla Caritas di viale Fra Ignazio, se chiedo un po’ di cibo in più mi trattano male, manco fossi un animale. Invece, le suore del Buon Pastore di via San Benedetto sono molto gentili». Gli fa eco un suo amico, Carlo: «A 50 anni non ho lavoro, non posso vivere sulle spalle di mia madre, lei mi garantisce un tetto. Ogni giorno devo però costruirmi la giornata, sperando di guadagnare qualche euro. Non ho più lacrime per piangere, è frustrante. Di certo non perdo la mia dignità andando a rubare, sono e vorrò sempre essere onesto». Tanta rabbia anche per Francesco: «Ho 47 anni, da 20 non ho fissa dimora e sono anche in precarie condizioni di salute. Nessuno mi ha mai aiutato, come è possibile vivere così?», si domanda mentre alcuni amici tentano di calmarlo. Alle 12, un’ora prima dell’aper - tura delle porte, le file fuori dai quattro ingressi della palestra sono già molto lunghe. Maria, una signora di mezz ’età, urla tutta la sua disperazione: «È colpa dei politici se oggi sono costretta a venire fin qui a mangiare. Mia figlia ha 39 anni e non ha un lavoro. Siamo stanchi di false promesse, pretendiamo dignità ed un aiuto immediato » . Ore 13: inizia il pranzo, un signore con accanto la moglie grida alle sue due figliolette che giocano nel prato: «Entriamo subito, oggi s’inizia a mangiare dagli antipasti, evviva». Prima di cominciare a mangiare, anche Rossano, 45 anni, vuole dire la sua: «Non è un pranzo che risolve un anno di povertà, io non ho un lavoro. Da tanto tempo chiedo un incontro con chi dirige le politiche sociali, ma finora nulla. Noi ci comportiamo bene, siamo persone che vogliono vivere una vita dignitosa e nella legalità».
Paolo Rapeanu