TEATRO LIRICO
Il noleggio del teatro di Sant’Alenixedda per eventi musicali è un salasso: 11mila euro lordi al giorno è il costo attuale. E gli operatori culturali protestano: «I prezzi sono assolutamente fuori mercato. C’è il rischio che Cagliari rimanga fuori dal circuito degli spettacoli di un certo livello». L’ultima polemica che investe il Lirico nasce per le tariffe che la Fondazione applica a chi vuole affittare la struttura per una sera: novemila euro Iva esclusa. È quanto si è sentito chiedere Roby Massa per il concerto di Ivano Fossati: programmato per l’8 gennaio sarà l’ultima esibizione dell’artista che ha deciso di ritirarsi dalle scene. E chiaramente la cifra ha lasciato l’amaro in bocca al patron di Spettacoli&Musica. Che racconta: «Sono rimasto di stucco. Inizialmente ho pensato di far saltare tutto ma poi ha prevalso il senso di responsabilità nei confronti di chi ha già acquistato il biglietto». D’altronde, altre possibilità non ce n’erano. L’affitto per realizzare un evento al teatro Massimo costa 2000 euro iva esclusa, mentre ne chiedono 3000 mila all’Auditorium di piazzetta Dettori. Il primo nella sala più grande può contenere fino a 752 spettatori mentre il secondo ha la capienza di circa 300 posti. Ed è chiaro che per eventi che attirano un pubblico numeroso non sono adatti. Il teatro di via sant ’Alenixedda è quindi, al momento, l’unica struttura in città che può ospitare spettacoli di alto livello. Peccato che i costi siano proibitivi. Come sottolinea anche Massimo Palmas di Sardegna Concerti che il 12 marzo farà arrivare in città James Taylor: «Non è possibile spendere questa cifra per un concerto. Non è certo questo il modo per risolvere i gravi problemi economici della Fondazione. Se queste cifre non ce lo possiamo permettere noi, a Cagliari non le può spendere nessuno. Il rischio è che la città venga tagliata fuori dai grossi eventi per mancanza di spazi». Rincara la dose Massa: «Noi stiamo facendo cultura. Se poi la nostra attività deve essere annullata perché troppo dispendiosa che lo dicano. La mancanza di spazi non può ricadere solo sulle tasche degli operatori». Francesca Ortalli