Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

I re delle launeddas, eroi popolari scoperti da Andreas Bentzon

Fonte: La Nuova Sardegna
30 dicembre 2011






WALTER PORCEDDA

CAGLIARI. «Egregio Signor Andreas, attenzione di non sbagliare, quando aprono il pacco, per non confondere i toni. Non ho fatto in tempo a farli tutti e gliene ho mandato due dei miei... Un punto d’organo in sol e un fioraso in la. Spero andranno bene. Distinti saluti. Suo sempre caro e onesto amico Antonio Lara».
La lettera è datata Villaputzu, 27 gennaio 1967. Scritta di pugno da uno dei più grandi e ultimi suonatori di launeddas, collaboratore stretto di Andreas Bentzon, l’etnomusicologo e antropologo danese, autore dell’unico vero studio sull’antico strumento musicale isolano. La missiva emerge miracolosamente, a distanza di quaranta anni, assieme a una preziosa scatola rimasta per tutti questi anni chiusa e custodita da un’amica del fratello di Bentzon.
Uno scrigno all’interno del quale c’erano sette diverse launeddas, sei «tumbu» speciali appositamente costruiti da Lara per il grande jazzista multistrumentista Roland Kirk (amico dello studioso danese), una “mancosedda” rara con la scala maggiore, simile alle cornamuse. Carico e testimonianza preziose di un giacimento culturale che, come quella scatola di legno, ha rischiato di finire nell’oblio senza l’opera di ricerca tenace ed appassionata di un giovane innamorato della nostra isola e delle sue tradizioni esplorate a fondo, a partire dal 1952 (aveva solo sedici anni) in diversi viaggi.
Quello strumento, le launeddas e il suo appassionato studioso, Andreas Fridolin Bentzon, sono raccontati in modo coinvolgente nella prima uscita del Centro Studi Bentzon voluto dall’associazione Iscandula e il suo infaticabile promoter Dante Olianas che del racconto di entrambi (strumento e ricercatore) ha fatto la sua ragione di vita con risultati importanti già riscontrabili in questa esposizione in corso nei locali del Lazzaretto, che ad aprile sarà a Copenaghen ospite dell’Istituto Italiano di Cultura.
Mostra che unisce assieme diversi segmenti narrativi. Quello del giovane ricercatore che diventerà il direttore del museo di Gotemborg, seguito passo passo nei viaggi a bordo di una Nimbus, moto sidecar privata della cabina laterale rimpiazzata da un cassone che Bentzon usava per trasportare registratori e macchine fotografiche, ma anche quanto i suonatori chiedevano...
Discese in una terra che ora sembra arcaica e lontana con i muri in “ladini”, i piedi scalzi, le maschere povere dei carnevali che si ritrovano nelle immagini mozzafiato realizzate dall’antropologo danese e montate in un efficace disegno espositivo da Uliano Lucas. Ma è il racconto di uno strumento antico e dei suoi suonatori quello più intrigante, perchè inedito. Sono maestri come appunto Lara, Porcu, Melis, Erriu... Figure mitologiche di artisti popolari che accanto al lavoro quotidiano (molti erano ciabattini o barbieri, ma anche contadini) coltivavano come una religione l’arte del suono e della costruzione degli strumenti. Che sono complessi e tanti. Ben 87 ne sono stati censiti, esposti nelle diverse varianti nell’ultima tecnologica sala dove sono proposte in video tutte le sonorità assieme ad un vasto archivio di registrazioni (circa seicento) che portando indietro la memoria consegna un auspicio per il futuro. Quello di conoscere meglio la nostra ricchezza culturale. Anche pensando a esposizioni permanenti e centri multimediali interattivi.