LA MIA CITTÀ. Alla vigilia degli 80 anni Mistretta si racconta senza nostalgia
L'ex rettore: per Cagliari servono scelte di qualità
Nostalgia della poltrona da rettore?
«Per niente. Finalmente ho più tempo per scrivere, studiare e leggere. E pensare a come contribuire a migliorare Cagliari».
Non è più semplice farlo occupando uno scranno politico?
«Non conta la poltrona che occupi, ma la tua credibilità, la tua onestà e l'esperienza che hai maturato negli anni».
Pasquale Mistretta taglierà a settembre il traguardo degli 80 anni, ben 18 li ha trascorsi alla guida dell'Università di Cagliari. Si definisce «professore emerito, almeno così dicono» perché il termine pensionato non gli piace. Il suo rapporto con l'Ateneo non si è interrotto, i suoi studi ora sono concentrati sul quartiere Marina, «cerniera urbanistica della città».
Un aggettivo per Cagliari?
«Diversa. Rispetto agli anni '50-'60 è cambiata profondamente. Non solo per effetto dell'espansione urbanistica. È variata anche nei suoi abitanti. I cagliaritani veri, i de nosusu , si sono spostati. Ma sentono ancora forte il loro attaccamento alla città e alle sue tradizioni. La processione del venerdì Santo, da Villanova alla Cattedrale, è uno dei momenti più sentiti».
I suoi rapporti da rettore con sindaci e presidenti di Regione?
«Non ho mai criticato le altre istituzioni. Ho sostenuto Emilio Floris su molti punti e, ci crederanno in pochi, ho condiviso alcune idee di Renato Soru. Grande collaborazione anche con i loro predecessori, come Mario Floris, Mauro Pili e Mariano Delogu. Oggi, non avendo più un ruolo istituzionale, posso dire quello che mi pare. A qualcuno non importerà. Ma c'è ancora chi mi ascolta».
È stato candidato sindaco. Perché?
«La politica dà risposte solo se ha soldi da spendere. Altrimenti preferisce non decidere nulla. Le scelte importanti vengono rimandate. Ho pensato di candidarmi a sindaco perché volevo provare con mano se esistono davvero delle difficoltà insormontabili nell'amministrare una città come questa. Ho perso la competizione elettorale e non mi sono potuto dare una risposta».
Se fosse stato eletto cosa avrebbe fatto?
«Avrei realizzato delle opere pubbliche solo se davvero funzionali a qualcosa e non giusto per spendere quattrini. Avrei cercato le risposte a una semplice domanda: cosa vogliamo che sia la città? Bianca o di colore, cattolica o musulmana, per gli studenti o per gli anziani, per i poveri o per i ricchi? Inoltre avrei cercato di dare una regolamentazione urbanistica ed edilizia finalizzata a un'idea precisa di città e non caotica come avvenuto in tutti in questi anni»
Cosa augura a Cagliari per il 2012?
«Che finalmente vengano fatte scelte di qualità e di grande integrazione. Anche con l'hinterland. Se non si cambia registro e non si pianifica il futuro, la città rischia di non avere un futuro».
Matteo Vercelli