MERCOLEDÌ, 17 SETTEMBRE 2008
Pagina 47 - Inserto Estate
In onda dal primo ottobre su Raidue per la serie «La storia siamo noi»
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CAGLIARI. Un’organizzazione potente e ramificata, che a cavallo degli anni Ottanta si trova coinvolta in alcuni dei più inquietanti misteri d’Italia: dal sequestro Moro all’omicidio Pecorelli, dal depistaggio delle indagini sulla strage di Bologna al caso Calvi. E’ la Banda della Magliana, raccontata attraverso immagini d’epoca, sequenze del film Romanzo criminale di Michele Placido e soprattutto le rivelazioni di uno dei suoi capi storici, Maurizio Abbatino, in Italian Tabloid - «I segreti della banda della Magliana», lo speciale di «La storia siamo noi» di Giovanni Minoli in onda il primo ottobre alle 23,30 su Raidue.
Il documento, firmato da Massimiliano De Santis e Carlo Durante, è stato presentato in anteprima al Prix Italia, a Cagliari. Dietro i misteri, una sorta di filo rosso sembra legare tutte le vicende dell’organizzazione criminale: «I servizi segreti - dice Abbatino, diventato nel 1992 collaboratore di giustizia - Siamo stati a lungo in contatto. Era uno scambio di favori...». E poi accusa: «Si parla molto della banda della Magliana ancora oggi, quando all’epoca c’erano organizzazioni come Ordine Nuovo o la P2 che stanno nel dimenticatoio. Sembra che la Magliana sia diventata una discarica: per tutto quello di cui non si riesce o non si vuole venire a capo si incolpa la Banda della Magliana». Che si autofinanzia col sequestro del Conte Grazioli, alla fine del 1977. Un’ azione che si conclude con la morte dell’ostaggio, nonostante il pagamento di un riscatto da un miliardo e mezzo di lire. Dopo quel sequestro, Franco Giuseppucci, leader carismatico del gruppo, propone il sistema di accumulare capitale, dividendolo in parti uguali, e reinvestendolo nel traffico di stupefacenti. La banda cresce e, stando alle rivelazioni di Abbatino, ha rapporti con i Nar, i Nuclei Armati Rivoluzionari, e con un’ eminenza grigia della strategia della tensione, il criminologo Aldo Semerari. Poi, il 13 settembre 1980, Giuseppucci viene giustiziato a Piazza San Cosimato, a Trastevere dagli uomini del clan Proietti, gestori di bische e ben inseriti nel giro delle scommesse clandestine. La vendetta è spietata e culmina nell’agguato di Via Donna Olimpia.
Alla fine del 1981, gli inquirenti infliggono un primo colpo alla banda: il sequestro di un arsenale di armi ricavato nei locali di un seminterrato all’Eur, nella sede del ministero della Sanità. Un arsenale comune a Magliana, Camorra e destra eversiva: la pista porterà i killer della banda a incrociare alcuni tra i misteri più torbidi della storia d’Italia, come la strage di Bologna del 2 agosto 1980, il caso Moro e l’omicidio di Mino Pecorelli.