di Gabriele Lippi
C'era una volta lo stadio Sant'Elia, la casa del Cagliari calcio. La storia dell'impianto sportivo più importante di tutta la Sardegna potrebbe presto voltare pagina in maniera drastica. A prescindere da quello che sarà l'esito finale della battaglia intrapresa tra Massimo Cellino e l'Enac per la costruzione del nuovo stadio a Elmas, le probabilità che i rossoblù traslochino restano alte. E allora bisogna chiedersi quale sarà il futuro di un impianto del valore di 35 milioni di euro, dei 3000 parcheggi e della vasta area che vi stanno di fronte, di tutto il quartiere che lo ospita e che rischia di morire con lui. «La questione del Sant'Elia è fondamentale per la riqualificazione dell'intero quartiere – conferma il sindaco Zedda – Nessuno può demolire una struttura del valore di 35 milioni, ed è altrettanto impensabile che sia utilizzata solo 1 volta ogni 15 giorni». La questione è forse la patata più bollente che la nuova giunta abbia ricevuto in eredità dalla precedente, ed è stata discussa in un incontro-dibattito organizzato dal gruppo consiliare dell'Italia dei Valori con Giovanni Dore e il consigliere Ferdinando Secchi, e tenutosi al Search del Palazzo civico, alla presenza del sindaco, di alcuni esponenti della giunta comunale e di personalità dello sport come Gigi Riva e Giuseppe Tomasini. «La soluzione - continua Zedda- potrebbe essere una gara internazionale. E con certi vincoli ». Sul tavolo i le idee e i progetti per rilanciare il Sant'Elia, a partire dall’esempio dell'ingegnere Noemi Migliavacca. Una cittadella dello sport che ospiti le sedi delle federazioni, una foresteria, un campo in erba sintetica, e alimentata da un impianto fotovoltaico sistemato sull'attuale Curva Nord. Un'idea che sembra piacere anche a Giuseppe Tomasini, e che costerebbe 12 milioni di euro, nemmeno tanti se si pensa che il Comune dovrà spenderne 2,5 solo per mettere quantomeno in sicurezza la struttura. «Ci troviamo in piena emergenza perché la manutenzione ordinaria non è stata effettuata come era necessario, e ora siamo costretti a effettuarne una straordiaria - spiega l'assessore ai Lavori pubblici Luisanna Marras – Tenere in piedi la struttura in queste condizioni non èpossibile». Chi invece crede ancora nella possibilità di recuperare l'impianto nel suo progetto originale è il professor Giorgio Usai, docente di Tecnologia dei materiali presso la facoltà di Ingegneria: «In un sopralluogo abbiamo notato che i danni non sono strutturali, ma superficiali, e per rimettere tutto a posto basterebbero 10 milioni di euro». Ciò che sembra assodato è l'orientamento dell'amministrazione verso un impianto che non si limiti a ospitare una partita di calcio ogni 15 giorni, ma polifunzionale e utilizzabile 365 giorni all'anno. La voce di Cozzolino, assessore alla Programmazione della Provincia, si alza fuori dal coro: «Un campo di calcio deve essere un campo di calcio, non un esercizio commerciale». Ma non è neppure da escludere che il Cagliari torni al Sant'Elia. Di certo rivedendo gli accordi sul canone. Anche quello vecchio. Sulla base di un debito di 1.800.000 euro. E allora se ne potrebbe parlare.
redazione@ sardegnaquotidiano. it
GIGI RIVA SUL DEGRADO «CHI È IL COLPEVOLE?»
Quando sente parlare di demolizione, Gigi Riva si alza in piedi e dice la sua: «Il Sant'Elia è nato come lo stadio olimpico di tutta la Sardegna, e deve restare tale. Se chiami una grande personalità a Cagliari hai bisogno di 50 mila posti, perché l'impianto deve essere di tutti i sardi, non solo della città, di tutti gli sport, e non solo del calcio». Di riduzioni di capienza non ne vuole sentire parlare, né tanto meno della dismissione della pista di atletica. Lui vuole un grande impianto, come quello in cui il Cagliari giocò le uniche due partite interne di Coppa dei Campioni. E si chiede: «Chi è il responsabile della mancata manutenzione?». Una domanda puramente retorica, dal momento che la cessione in affitto al Cagliari calcio prevede che gli interventi ordinari spettino alla società stessa. «Il Sant'Elia è lo stadio di costruzione più recente in tutta la serie A – continua Riva, non considerando lo Juventus Stadium e il Friuli di Udine – e nel ‘90 venne restaurato per ospitare i mondiali. Non lo si può abbandonare». G.L.