Nessun ventaglio e scialli annodati come usano le anziane sarde
Atmosfere sensuali, nella cattolica Spagna. Nell'afosa piazza di Siviglia le brune sigaraie si mescolano alle lavandaie indossando le stesse vesti scollate, bagnando i corpi accaldati negli stessi secchi d'acqua, bevendo a sorsi le stesse bottiglie di vino tinto. Anche Carmen ha un abito chiaro e, nascosto chissà dove, quel fiore di gaggìa da lanciare come fosse un arpione dritto nel cuore di Don José. Triste figura, quella del brigadiere che pensa solo alla mamma e al paesello e però si avvince alla zingara ribelle con spire mortali. Ha una fidanzata, lui, una brava e pia ragazza che un poco fa venire in mente la paziente Melania di “Via col vento”. Gonna turchina e priva della treccia prevista dal libretto, Micaela ha al braccio una borsetta ed è questo particolare a fare di lei una grigia borghesuccia in fatale antitesi con l'irriducibile Carmen, creatura impetuosa e di grande coraggio. Ha letto il suo destino nelle carte, la gitana amica dei contrabbandieri, e tuttavia non rinuncia alla sua illusione di essere libera. Stanca del dragone disertore, sceglie di amare un torero e quando Don José sguaina la sua navaja assassina, lei gli va incontro quasi cercando la lama. Ultimo atto d'orgoglio, in un finale di sangue dominato dagli echi dell'allegria feroce della corrida e dai corpetti del traje de luz appesi ai ganci come quarti di carne. Scene grafiche e ricche di rimandi pittorici, nello spettacolo allestito al Teatro Lirico con una regia molto attenta all'universo femminile. Sul palco, nessun ventaglio per le andaluse, pochissimi volant e giacconi di pelle, cappotti sdruciti, scialli annodati come usano le anziane sarde. Ma appena fuori dall'arena dove l'espada Escamillo ha infilzato vittorioso l'ennesimo toro, Carmen assume un'aria flamenca tra i bellissimi abiti bianchi e neri e le regali mantiglie delle señoritas sivigliane. La zingara muore sola e dalla sua testa scivola a terra un velo rosso illividito da ombre viola: il colore liturgico della penitenza.
Alessandra Menesini