Debiti enormi e perdite maturati anno dopo anno ma il sovrintendente Di Gennaro annuncia un utile di esercizio già per il 2012
Aumentano spettatori e costi del personale, tutte le altre voci di bilancio segnano un netto calo
Il business plan è all’esame del sindaco Zedda
MAURO LISSIA
CAGLIARI. Più che un piano industriale sembra un libro dei sogni. Ma è con queste 63 pagine di previsioni che Gennaro Di Benedetto spera di salvare il teatro lirico.
Compito improbo, perchè malgrado il solo riferimento al vecchio debito patrimoniale si trovi a pagina otto sono le cifre a certificare come sia impossibile, con l’attuale volume di contribuzioni pubbliche, tenere i conti della Fondazione in linea di galleggiamento. Una cosa è certa e Di Benedetto la scrive chiaramente: per andare avanti serve un altro mutuo «che garantisca la continuità dei flussi in linea con le necessità produttive». L’interrogativo, che non trova una spiegazione realistica, è come versare le rate per restituirne l’importo. Perchè se è vero che soprattutto negli ultimi due anni la politica di austerity imposta dal sovrintendente e dal consiglio di amministrazione ha prodotto i suoi frutti, i conti indicano come ai costi sempre elevati delle produzioni artistiche e del personale non corrispondano entrate o speranze di entrate almeno pari. Stona poi, nell’esame dei costi, il dato che riguarda il personale: se tutte le voci in uscita sono in calo più o meno sensibile, i 229 dipendenti del lirico costano sempre di più. E’ infatti il dato del personale artistico scritturato - che fa salire l’organico medio a 270 - a contenere la voce di spesa legata al personale, come dire che il taglio ha colpito i precari per garantire più benefici ai dipendenti stabili. Ma sono i sogni illustrati nel «Business plan 2012-2014» a colpire di più per l’assenza di riferimenti finanziari verificabili. Di Benedetto annuncia una crescita del valore della produzione di circa 700 mila euro all’anno tra il 2012 e il 2014, con relativo aumento dei costi di produzione tra i 200 e i 300 mila euro l’anno. Grazie a questa previsione la Fondazione - che ha liquidato il 2010 con perdite per un milione e mezzo - dovrebbe chiudere i tre prossimi esercizi finanziari con un utile di un milione e 400 mila euro. Questo malgrado nulla autorizzi a credere in un ritocco positivo dei contributi statali (il fondo unico per lo spettacolo) e di quelli regionali, andati già oltre ogni ragionevole limite. Basta dare un’occhiata alla tabella dei ricavi da contributi: quello dello Stato è calato a poco meno di 8 milioni nel 2010 per risalire a 9 nel 2011. La Regione è ferma a 9 milioni e 200 mila, cui sono stati aggiunti contributi straordinari di mezzo milione nel 2009 e nel 2011, 200 mila euro nel 2010. Il Comune ha lasciato in bolletta altri assessorati, ha tagliato servizi sociali e altre attività culturali pur di confermare i 2 milioni e 400 mila euro annui, mentre dagli ultimi esercizi sono spariti i contributi della Provincia e dei soci fondatori. A fronte dei 22 milioni e mezzo che il teatro lirico costa ai contribuenti i ricavi da botteghino e da altre vendite non superano il milione e 734 mila euro nel 2010, per un totale di 115 mila spettatori paganti suddivisi in 113 recite fra lirica e concertistica, col 35-40 per cento dei posti che restano vuoti. Ed è qui, nei costi degli spettacoli, che la sovrintendenza ha realizzato i maggiori risparmi, sfiorando il 20 per cento complessivo: il costo medio di una recita è calato della metà in due anni, dai 66 mila euro del 2008 ai 31 mila del 2010, da 22 mila a 12 mila per i concerti. Confrontando i totali saltano agli occhi i tre milioni abbondanti risparmiati sull’offerta di spettacolo, ma qui i musicologi dovrebbero stabilire a quale prezzo sotto il profilo della qualità. Peraltro i ricavi da incasso coprono soltanto una media del 76 per cento dei costi della produzione, come dire che il teatro lavora costantemente in perdita. Quei tre milioni sono comunque serviti solo in minima parte a tenere in linea i conti del teatro, che spende 17 milioni per il personale - nel 2008 erano 15 milioni e 700 mila - pari al 60 per cento dei costi complessivi.
In questa situazione e col macigno del debito patrimoniale maturato nella gestione Meli a pesare sulla testa del teatro è evidente come qualsiasi previsione viaggi sul filo dell’incertezza. Ma a parte i sindacati, impegnati a esaminarlo in queste ore, sarà il sindaco-presidente dell’organo amministrativo Massimo Zedda a dover dire l’ultima parola su un piano industriale che appare di difficile realizzazione. Di Benedetto ha preso in mano il timone di una nave in tempesta, appesantita da zavorre finanziarie vecchie di dieci anni e forse anche da rigidità interne che sembrano in contrasto con la realtà della Sardegna e della città. Il solo dato incoraggiante, fra numeri che fanno paura, è quello degli spettatori: malgrado l’assenza di produzioni faraoniche le presenze crescono dalle 59.140 del 2008 alle 63.585 del 2010. Un dato che pur riflettendosi in quota irrisoria sui ricavi - appena 40 mila euro in più - testimonia la fedeltà del pubblico cagliaritano e l’importanza culturale di un teatro lirico che non può affondare per le gestioni piratesche del passato.