ARTE
GALLERIA COMUNALE
I parenti dello scultore barbaricino hanno concesso in comodato d’uso gratuito al museo di Cagliari il Dormiente, la Campana e il Busto di Sebastiano Satta
di Cristiana Sarritzu
È tempo che l’isola si svegli dal sonno secolare. Francesco Ciusa, definito cantore del suo popolo, simbolo del riscatto dei sardi, padrino della Galleria comunale d’Arte, che dal 1939 ospita “La madre dell’Ucciso”, fa ancora dono di sé: tre nuove sculture, il “D o rmiente ” (1909), “La Campana” (1922-23), e il “Busto di Sebastiano Satta” (1928-30), che Salvatore, Maria Elvira, Paola, Rossana, Vera e Luigi Antonio Ciusa hanno concesso in comodato d’uso gratuito al Museo nella mostra dal titolo “La scultura e l’anima”.
TRE OPERE PREZIOSE Tre importanti opere che essendo distanti cronologicamente, testimoniano, dal punto di vista stilistico e tematico, alcuni passaggi della sua produzione artistica. Sono trascorsi circa settant’anni da quando l’artista vendette al comune di Cagliari i suoi gessi, offrendoli alla comunità, salvandoli dal terribile bombardamento che durante la Seconda Guerra Mondiale distrusse il suo studio e le opere che vi erano custodite, aprendo le porte alla nascente Collezione sarda. A testimoniare il cammino dell’esposizione museale, è proprio la vecchia contadina (La madre dell’ucciso, 1907) che, accovacciata a terra, nel suo immobile dolore, accoglie il visitatore, catturando lo sguardo con una forza straordinaria. Ieri al centro della sala, oggi sulla soglia a custodia del tempo, lascia il posto al Dormiente, scultura in bronzo che l’ar - tista barbaricino realizza nei due anni successivi. Il corpo dell’adole - scente è minuziosamente descritto in modo realistico e ricco di significati simbolici, legati al sonno come momento di passaggio. Il bronzo fu realizzato a Firenze, dove il gesso fu premiato alla mostra della Società di Belle Arti nel 1909. La scultura di Ciusa si ispira alla grande tradizione rinascimentale, all’arte di Donatello, del quale lo colpisce la mescolanza di classicismo e realismo, ma anche l’intensa espressività. La capacità di fermare l’immagine, il magnetismo delle sue opere che, trascendono lo spazio e il tempo di un mondo ormai al tramonto, la pace, il silenzio della campagna sarda, i valori del suo popolo, è palpabile. Ciusa scava nella tradizione, riscopre i valori minacciati dal progresso, dai tempi del lavoro industriale, dando loro un’esistenza nuova nell’arte. La tecnica si evolve e nasce “La Campana”: il padre solleva il proprio figlio al di sopra del gregge e gli bacia il capo, sorretto dalla madre di cui emergono soltanto le braccia. Il resto della figura resta indistinto, nascosto entro l’ampio mantello, che avvolge anche due pecore simbolo della civiltà sarda agro-pastorale. Scompaiono i particolari descrittivi degli anni dieci. Tralascia il costume popolare per nasconderlo dentro gli ampi mantelli, la cui funzione consiste nel semplificare le forme, unificarle all’interno di superfici lisce e compatte. “La Campana” celebra il tema della famiglia come cardine della società agropastorale.
IL DOLORE PER L’AMICO La morte dell’amico, il poeta Sebastiano Satta (1914), è una ferita profonda che brucia. Intorno a lui si stringe la classe degli artisti, intellettuali e scrittori sardi che continuano a credere nel sogno: il risveglio della Sardegna. Ciusa desidera dar voce a quel sentimento che li accomuna e concepisce in sua memoria un “Tempio ai figli di Sardegna”, da erigersi nella collina di S. Onofrio a Nuoro. Un monumento che non fosse soltanto commemorativo, ma anche simbolo della nascente cultura isolana. Il progetto vedrà la luce solo nel 1932, ridotto e semplificato. Dell’idea originale restano alcuni gessi. Dal Busto di Sebastiano Satta, si scorge una figura solenne e meditativa di gusto secessionista. Del poeta scolpisce soltanto il volto e le mani, quest’ultime vigorose e grandi, simbolo della sua indomabile forza interiore, opposta alla debolezza fisica. Satta era malato e paralizzato sin dal 1908. Di Ciusa scrisse al suo amico poeta Salvatore Ruju: “Egli è scultore. Io ti dico egli è perché ha già dato prova di saper animare con un soffio divino la materia bruta. L’ignoranza dei più e la ferrea necessità gli precludono per ora la via ma egli saprà andare avanti a colpi di scure e sarà vincitore ”. Per l’occasione, nella Galleria comunale d’arte di Cagliari saranno esposti i legni “Il falconiere ” (1948), “Prime acque di maggio”, “L’adolescente ” e “Madonnina”, acquisiti dal Comune negli anni Novanta. In questo modo si arricchisce il corpus delle opere di Francesco Ciusa e si offre al pubblico un’esau - riente testimonianza della sua attività dagli esordi agli ultimi anni di vita.
IL TRIS Il “Dormiente ” (1909), “La Campana” (1922-23) e il “Busto di Sebastiano Satta” (1928-30) sono i tre pezzi che i Ciusa hanno concesso in comodato d’uso gratuito al Museo CULTURA