Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Nuovo braccio di ferro Regione Coimpresa

Fonte: La Nuova Sardegna
15 settembre 2008

LUNEDÌ, 15 SETTEMBRE 2008

Pagina 19 - Cronaca

di Roberto Paracchini 



Giovedì il Tar sul ricorso dei privati presentato dopo l’ultimo stop dell’esecutivo



Entro il 15 ottobre la proposta del governo dell’isola



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CAGLIARI. Tuvixeddu senza pace. I fantasmi dei nostri antenati, punici e romani, probabilmente farebbero fatica a ritrovarsi. E difficilmente capirebbero i motivi per cui il loro mondo funerario, diventato oggi la necropoli punico romana più grande del Mediterraneo, sia oggetto di tale contesa. Dove a parlare sono soprattutto le carte bollate. La prossima scadenza è fissata per giovedì: il Tar dovrà esprimersi sul ricorso fatto dalla Coimpresa contro l’ultimo blocco dei lavori deciso dalla giunta regionale, con una delibera approvata il tre di questo mese.
L’ultimo blocco. Il governo dell’isola, sulla base dell’articolo 14 della legge urbanistica, ha emesso un provvediemnto d’urgenza per fermare le opere sul colle per novanta giorni. Lasso di tempo che dovrebbe pemettere alla Regione di approvare (in Consiglio) il disegno di legge per la nomina della commissione regionale al Paesaggio, l’unica in grado di motivare l’estensione del vincolo di inedificabilità a tutto il colle. In parallelo il presidente della Regione Renato Soru ha indetto una riunione delle parti e detto di voler trattare. Il 15 ottobre vi sarà un altro appuntamento (del Comitato di controllo per l’accordo di programma) ed entro quella data si avrà la proposta ai privati da parte del governo dell’isola.
Tutela completa. Il precedente allargamento di tutela era stato annullato dal Tar (con convalida successiva del Consiglio di Stato) che aveva azzerato gli atti che avevano portato a tale decisione (compresa la precedente commissione). Una sentenza giustificata da «gravi irregolarità» sia di procedura che di sostanza.
I fantasmi. Consapevoli dello scorrere della storia (i romani, ad esempio, si sentivano figli della cultura greca), i fantasmi di Tuvixeddu hanno forse difficoltà a capire i motivi che impediscono un accordo. Il diritto romano è nato in un grande territorio e di contese ne ha dovuto dirimere molte. Ma nella Tuvixeddu story le carte si sono troppo ingarbugliate.
L’intesa del 2000. Il governo dell’isola, della cosa pubblica quindi, sulla base del moderno concetto di «paesaggio» vuole allargare il vincolo a tutto il colle per impedire le edificazioni della Coimpresa (che fa capo al gruppo Cualbu) ne compromettano la fisionomia. L’impresa, invece, vanta i diritti derivanti dall’accordo di programma del 2000, firmato anche dalla Regione e dal Comune. Intesa, questa, che prevede un intervento di riqualificazione urbana con al centro una lottizzazione integrata: un parco archeologico naturalistico di ventitre ettari (al cui interno si trova la necropoli) e, in un’altra parte del colle (a lato di via Is Maglias), l’edificazione di circa quattrocento appartamenti. Più strade e servizi.
L’opinione pubblica. A questo progetto si era arrivati passando anche tramite un serrato confronto con l’opinione pubblica cominciato dagli anni Novanta del secolo scorso. Periodo in cui venne presentata la prima ipotesi di intervento della Coimpresa (con una cubatura iniziale di oltre il doppio di quella attuale). Infine l’intesa del 2000.
L’accordo di programma. L’accordo di programma è un istituto che permette, appunto, accordi coi privati nel reciproco interesse. Quello del Comune era: ottenere un parco naturalistico archeologico in un’area da decenni abbandonata, riqualificare la zona con una serie di servizi e ridurre l’onere di un contenzioso perso (di cui la Coimpresa aveva acquisito i diritti) per un vecchio esproprio irregolare (di ottanta miliardi di vecchie lire, il Municipio ne pagò quarantadue). In cambio veniva data, al privato, la possibilità di edificare i quattrocento alloggi residenziali accennati con una modifica del piano regolatore. E la Regione mediò sui finanziamenti per il parco coi vari programmi. Tutto venne fatto in rapporto alla sensibilità paesaggistica del tempo, pur in uno schema contrattazione.
Il Codice Urbani. Gli ambientalisti e molti archeologi (guidati dall’accademico dei Lincei Giovanni Lilliu) chiedesero sin da allora un allargamento del vincolo di inedificabilità a tutto il colle, lamentando la pressione edilizia: non sulla zona archeologica, ma su un’area che a questa richiama come area complessiva. Poi nel 2004 c’è stata l’approvazione del Codice Urbani, la legge nazionale che norma i beni culturali, che tra le altre cose ha precisato il concetto di bene «paesaggistico» come valore non commercializzabile: una conquista che arricchisce quello di «ambiente» anche coi valori storici del vissuto che producono il paesaggio. Un qualcosa che ridà dignità al territorio trasformandolo anche in luogo di memorie e di significati simbolici, che sedimentano pure in aree morfologicamente compromesse (vedasi, ad esempio, le cave di Tuvixeddu).
Archeologia e paesaggio. A questo punto da una parte c’è un accordo di programma (che è un atto di diritto privato) che non danneggia la parte archeologica (anche se va detto che c’è stato un intervento della magistratura sui lavori per il parco, appaltati dal Comune ad un’altra società, per via delle fioriere considerate invasive), ma che intacca il paesaggio simbolico del colle. Dall’altro c’è il governo regionale che vorrebbe un parco esteso a tutto il colle.
Le sentenze. I fantasmi ancora non capiscono. Il fatto è che, stando alle sentenze del Tar e del Consiglio di Stato, la Regione si è mossa commettendo gravi errori, anche in rapporto allo stesso Codice Urbani (nel non coinvolgimento degli enti locali, ad esempio, e nel non aver motivato adeguatamente «i perchè?» del nuovo vincolo, altro esempio). In pratica: da una posizione di ragione storica (perchè fautore di un’importante e moderna idea di paesaggio), il governo dell’isola è passato al torto. E non solo per questioni burocratiche, ma di sostanza. E la posizione della Coimpresa, che potrebbe essere considerata storicamente datata, è diventata vincente in quanto difende diritti che il procedere pesantemente errato (secondo le sentenze citate) della Regione riporta in primo piano. Il non rispetto delle regole, pur per raggiungere un fine condivisibile (la difesa del paesaggio), diventa in uno stato di diritto, un fatto non solo formale (e secondario), ma di sostanza e, quindi, di grave lesione del diritto.
La matassa. Ecco, forse per tutto questo aggrovigliarsi, che i fantasmi non capiscono più che cosa stia capitando. E, ora, giovedì, la parola ripasserà al Tar. La Coimpresa contesta alla Regione anche il persistere nel «sintomo di grave eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento». Mentre il governo dell’isola afferma che l’intervento di blocco è necessario per impedire che il paesaggio del colle venga alterato.
Per il momento, e con grande dolore per il giusto sonno dei fantasmi, di dialogo se ne vede poco, ancora sostituito dalla dialettica della clava.