Applausi a Cagliari per la messinscena del dramma del regista svedese
“Sarabanda” con la Lojodice e De Francovich
“Sarabanda” di Ingmar Bergman contiene tutte le tematiche che hanno segnato il cammino del regista: le difficoltà nei rapporti umani, l'incomunicabilità, l'introspezione psicologica, descritte attraverso una figuratività fortemente espressionista e convergenti nell'angosciosa ricerca di un significato dell'esistenza.
Il maestro svedese scrisse la sua ultima sceneggiatura pensando a un lavoro per lo schermo (in questo caso quello tv) e il teatro. Una drammaturgia con lo sguardo rivolto alle relazioni parentali, fissate attraverso rimpianti, rimorsi e rancori dei personaggi che abitano un quadro familiare portato in scena (con successo) al Massimo di Cagliari dai sempre bravi Giuliana Lojodice e Massimo De Francovich, e dai giovani compagni di viaggio Luca Lazzareschi e Clio Cipolletta, autori di una prova in chiaroscuro.
A trent'anni dal loro ultimo incontro, Marianne, professione avvocato, decide di andare a trovare l'ex marito Johan, andato a vivere in un luogo isolato, dal quale ha avuto due figlie che lui ormai non vede più: una di loro, Martha, colpita da depressione, trascorre le giornate in una clinica con lo sguardo perso nel vuoto. Johan ha anche un altro figlio, Henrik: la moglie Anna è morta di malattia e da quel momento la figlia Karin, talentuosa violoncellista dal luminoso futuro, è diventato tutto il suo mondo. Un mondo da custodire, recintare, reso inaccessibile a ogni cosa, compreso un brillante avvenire che bussa alla porta per mano di un importante direttore d'orchestra, che nota la giovane solista durante un concerto di allievi, consigliando all'amico Johan di farla studiare in una scuola prestigiosa.
I rapporti tra padre e figlio non sono mai stati buoni e i due non perdono occasione per dimostrare reciproca intolleranza. «Quel porco sta seduto su un sacco di milioni ma non muore. Si è mummificato nella sua stessa cattiveria», dice Henrick, rivolgendosi all'ex moglie del padre. Marianne, che come ripete più volte, è capitata lì ma non sa perché, riempie la scena con la sua dolcezza, i ricordi, la sofferenza, il desiderio, la forza interiore, la capacità di guardare nell'animo degli altri protagonisti. Il ritrovamento di una lettera di Anna indirizzata al marito, spinge Karin ad allontanarsi dal padre e a vivere la propria vita, mentre Marianne rende visita alla figlia Martha, guardata per la prima volta con amore.
Carlo Argiolas