Scene da un matrimonio”, una danza ripetuta trent’anni dopo, come una “Sarabanda”. Ripetuta, nei nomi dei personaggi che ritornano, ma diversa. Nel 1973 Ingmar Bergman, il grande regista e drammaturgo svedese, girò quei sei episodi per la televisione, poi anche la versione cinematografica. Marianne (Liv Ullmann) e Johan (Erland Josephson), una coppia apparentemente perfetta, della quale Bergman indagò le crepe dell’anima, le fratture, il silenzio del sentimento. Sofferto spettacolo di menzogne e dolori, ma, alla fine, il dialogo, la tolleranza, la comprensione, la tenerezza dei ricordi. Marianne e Johan si ritrovano, divorziati, risposati, altre vite ma legati da un laccio, che non li ha mai abbandonati. Autobiografia, la sua separazione, il cineasta di Uppsala stava per divorziare dalla Ullman, sua musa, grande attrice, anche lei. I due protagonisti, Marianne e Johan, tanto cari al regista. Gli stessi nomi li volle per “Sarabanda”, la sua ultima opera cinematografica, nel 2003. Quasi “Scene da un matrimonio”, trent’anni dopo. Quasi. Non un sequel del film televisivo, ma una variazione sul tema, una nuova danza. Bergman all’inizio delle riprese annunciò ai “suoi ” attori, Ullmann e Josephson, sempre loro: «E’ la mia ultima regia, esigerò il massimo da me stesso e da voi». Un’opera da camera, divisa in dieci dialoghi, un compendio della poetica bergmaniana, contrappuntato da Bach e Bruckner.
DAL CINEMA AL TEATRO Dal cinema al teatro, passo alcune volte lungo, altre breve. “Saraban - da”, riduzione dal film per la prima volta in Italia, al Massimo di Cagliari, da stasera fino a domenica, alle 21, per la stagione dello Stabile della Sardegna. In scena due interpreti doc del teatro italiano, Giuliana Lojodice e Massimo De Francovich (e i giovani Luca Lazzareschi e Clio Cipolletta), sotto la regia di Massimo Luconi. La compagnia incontrerà il pubblico, sabato alle 18, nella sala Minimax di via De Magistris. Ibsen e Strindberg, grandi drammaturghi scandinavi, i riferimenti stilistici. Autismo dei sentimenti, mancanza d’amore, disperata ricerca d’affetto. “Una resa dei conti di fronte all’imperscrutabile ”. La figura femminile al centro. La Lojodice è Marianne. «Lo spettacolo è il testamento spirituale di Bergman, dieci quadri molto cinematografici. La protagonista è la proiezione di quella donna che il regista svedese non ha mai trovato, la madre che ha sempre cercato», dice l’attrice. «Il personaggio di Johan è Bergman, che ha fatto del male alla sua donna, l’ha tradita, per tutta la vita». La versione teatrale è molto fedele a quella cinematografica. Lei obbedisce a un impulso improvviso, va a trovare lui sull’isola in cui si è ritirato. Nelle vicinanze abitano il musicista Henrik, figlio di primo letto di Johan, e sua figlia, e allieva violoncellista, l’adolescente Karin, legati da un torbido rapporto incestuoso. Che genererà tragedia. Rimpianti, rimorsi, rancori, che impregnano il rapporto tra i due ex coniugi. Ma anche tenerezza. «Alla fine, in penombra, Marianne e Johan si denudano », racconta ancora la Lojodice. «Si vedono le loro silhouette infilarsi nel letto. Come nel film. Avevo qualche resistenza alla mia età a calarmi in quella scena, ma poi ne ho capito il senso profondo, spirituale. L’abbraccio dei due, giunti ormai a tirare le somme della loro vita». Ha parlato di età, ma l’attrice nata a Bari è una signora, vera, del teatro italiano. Con Aroldo Tieri, straordinario interprete, scomparso nel 2006, ha dato vita, per più di quarant’anni, ad una coppia d’oro delle scene di casa nostra. «Spesso mi chiedo come avrebbe fatto Aroldo il personaggio di Johan. Secondo me sarebbe stato perfetto. Me lo ricorda un po’, non nell’infedeltà però», chiarisce subito. E’ ancoro molto legata alla memoria del suo compagno di sempre la Lojodice. Che ha vissuto anche la stagione felice della tv italiana, tanti sceneggiati. «C’era un modo di lavorare meraviglioso, in allegria, che adesso non c’è più». Però, in anteprima, da la notizia che parteciperà alla nuova serie dei “Cesaroni ”: «Interpreterò una principessa molto chic». Il coté brillante è d’altra parte nelle sue corde. Tutt’altro modo di analizzare le relazioni umane e familiari, molto poco bergmaniano. Ma la vita è spesso anche commedia. Massimiliano Messina