SCIENZA. Cagliari, a 144 anni dalla nascita Carla Romagnino ne ricorda la grandezza
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Nella vita non c'è nulla da temere, solo da capire. Marie Curie, Nobel per la fisica e per la chimica, ne era convinta. E la sua vita, iniziata con i baci (e gli abbracci) mai dati della madre malata di tubercolosi, è straordinaria. Praticamente dickensiana prima e da tabloid dopo. Lei è fragile, tenace e curiosa. Alla Sorbona, dove sarà la prima donna ad avere una cattedra, studia senza risparmiarsi, patendo il gelo che ghiaccia l'acqua nelle soffitte parigine, in cui dorme mettendosi addosso tutti i vestiti posseduti e debilitandosi. La parola giusta è devozione davanti alla scienza. E, naturalmente, verso il marito Pierre Curie, con cui lavora. Scrive sempre al plurale, sigla un matrimonio d'amore e di professione, testimonia che la ricerca è squadra. Persino questione di feeling. Una "leggenda" narrata ieri al Festival della scienza, in corso sino a sabato all'Exmà di Cagliari (oggi un appuntamento è a Palazzo Regio con il fisico Carlo Bernardini, per la conferenza “L'immaginazione razionale”
delle 20,30). A raccontarla, in un riuscito incontro, il fisico Carla Romagnino del Gruppo Storia della Fisica AIF Cagliari (ma pure alla guida degli organizzatori della manifestazione, il comitato ScienzaSocietàScienza).
La leggenda inizia a Varsavia, città che dà i natali, il 7 novembre 1867, a Marie Sklodowska (ieri Google le ha reso omaggio). Il padre nutre un forte nazionalismo, avverso alla Russia zarista. Tiene segretamente lezioni agli scienziati polacchi e, scoperto, viene licenziato. Perde la madre, poi una sorella. Sfugge alle angosce grazie allo studio. Essere la prima della classe non paga in un tempo in cui non si accettano donne all'università di Varsavia. Quindi un patto con la sorella Bronia: lavorare come istitutrici e pagarsi gli studi a Parigi. Prima l'una, poi l'altra. Marie arriva in Francia nel 1891. La laurea nel 1894. E un incontro importante, quello con Pierre Curie, un professore di Fisica dal carattere schivo e sognatore che sposa nel 1895 e che diviene suo compagno di laboratorio in magazzini umidi e malconci. Le scoperte, a partire dal 1898 con il polonio e il radio, procedono nonostante le ristrettezze. La mancanza di fondi per la ricerca è un problema vecchio. Nel 1903 il Nobel per loro assieme ad Antoine Henri Becquerel. I cronisti dell'epoca danno notorietà a questa coppia schiva e fermamente contraria al brevetto sui processi di lavorazione dei minerali contenenti il radio, in quanto non a favore dello spirito scientifico.
Poi la tragica morte di Pierre nel 1906. Gli studi riprendono e, nel 1911, il Nobel per la chimica: riesce a isolare il polonio puro e il radio puro. E si accorge delle implicazioni importanti in campo medico. Peccato: in serbo altre amarezze. Il pregiudizio, la xenofobia, l'antisemitismo e una campagna mediatica a delegittimare. La depressione e la situazione di salute per le esposizioni alle sostanze radioattive. E poi, tenace e strenua, la ripresa. Ancora studio e impegno e dedizione sino alla morte, nel 1934. La scienza, intanto, ha un nuovo mito.
Manuela Vacca