Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Il cantiere e i beni identitari

Fonte: L'Unione Sarda
9 novembre 2011

TRIBUNALE. Il processo a un costruttore, due progettisti e un ex dirigente comunale
 

Sotto accusa per i lavori cominciati in via dei Falconi
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Le norme di salvaguardia del piano paesaggistico regionale vietavano nuove costruzioni entro i cento metri dai cosiddetti beni identitari. Un palazzo di sei piani che l'impresa Cocco e Puddu stava realizzando quattro anni fa in via dei Falconi avrebbe violato quelle prescrizioni. Dopo i primi stop imposti in altri cantieri per motivi analoghi dalla magistratura, il Comune era intervenuto con la revoca della concessione edilizia. L'inchiesta penale aveva fatto, però, il suo corso. E ora quella vicenda è arrivata in Tribunale.
 

QUATTRO IMPUTATI Sotto processo ci sono il costruttore Raimondo Cocco, i progettisti Fabio Angius e Gianluca Pilia, l'ex dirigente del servizio Edilizia privata del comune Mario Mossa.
In particolare, l'amministratore della ditta Costruzioni Cocco e Puddu, i due ingegneri e il dirigente sono accusati di aver realizzato gli scavi di sbancamento finalizzati alla costruzione di un edificio su sei livelli nella via dei Falconi sulla base di una concessione edilizia illegittima. Secondo l'accusa non sono state rispettate le disposizioni del piano paesistico regionale che non consentiva nuove costruzioni nelle aree sottoposte a misure di salvaguardia. La concessione è stata, dunque, rilasciata in base a una dichiarazione sostitutiva di atto notorio resa materialmente da Angius e Pilia il 3 aprile 2007.
 

I BENI IDENTITARI Secondo l'accusa era stata attestata falsamente la distanza del cantiere a oltre cento metri da una fortificazione militare risalente alla seconda guerra mondiale. Mossa aveva rilasciato la concessione «senza verificare, o comunque senza predisporre la verifica da parte del suo ufficio, che l'area del cantiere ricadeva nella fascia di centro metri dai siti vincolati dal ppr». Si sarebbe dunque «limitato a pretendere la presentazione di una dichiarazione sostitutiva di atto notorio».
E ancora, si legge nel capo d'imputazione, costruttore, progettisti e dirigente comunale avrebbero avviato le opere con lo scavo di sbancamento nella zona vincolata senza il nulla osta dell'ufficio tutela del paesaggio della Regione. Per commettere questo reati, secondo l'accusa, gli imputati avrebbero reso una falsa attestazione, decisa da tutti ma materialmente sottoscritta dai soli Angius e Pilia nell'esercizio della professione di ingegneri.
 

LA DIFESA Cocco, i due professionisti e Mossa respingono tutte le accuse. All'udienza di ieri diversi testi a difesa hanno dichiarato che, in realtà, non c'è stata alcuna violazione del ppr regionale. Il problema, ha spiegato in aula l'avvocato Agostinangelo Marras, è che le fortificazioni di cui si discute non erano elencate fra i beni identitari da salvaguardare. Il ppr prevedeva che i beni fossero specificamente indicati negli allegati. Ebbene: quello vicino al cantiere di via dei Falconi non c'era. Insomma, i reati contestati ai quattro professionisti sarebbero insussistenti.
Alla prossima udienza cocco, Angius, Pilia e Mossa risponderanno alle domande del pubblico ministero e dei loro avvocati . A quel punto l'istruttoria dibattimentale potrà considerarsi conclusa e il giudice darà la parola ai rappresentanti di accusa difesa per la discussione finale. Quindi si ritirerà in camera di consiglio per la sentenza.