Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

La donna “non rieducabile” che morì di giornalismo

Fonte: L'Unione Sarda
7 novembre 2011

TEATRO. Al Massimo di Cagliari il monologo su Anna Politkovskaja

Ottavia Piccolo grande protagonista
“Donna non rieducabile”, con Ottavia Piccolo, in dieci parole? Questo è uno spettacolo di cui si sente il bisogno. Privo della retorica, inevitabilmente doloroso e vitaminico nutrimento per la coscienza civile. Antidoto contro l'assuefazione delle intelligenze, contro la perpetuazione delle menzogne del potere, contro l'oblio della ragione che batte in ritirata, indecentemente, persino davanti alla violazione dei diritti umani. Ben venga, quindi, sul palco del Massimo di Cagliari (nel cartellone del Teatro Stabile della Sardegna), un pezzo drammatico del teatro contemporaneo. Appuntamento ancora oggi, alle 21. E, prima, l'attrice incontrerà il pubblico assieme ai giornalisti Giovanni Maria Bellu e Luca Rastello (alle 18, al Minimax).
Non cede al patetico la costruzione scenica. Ed è sobria, rigorosa, eccellente la prova di Ottavia Piccolo sul testo di Stefano Massini (chiarezza e severità, altri pregi da evidenziare) e sulla regia ineccepibile di Silvano Piccardi. Niente foto in scena. Non servono immagini, basta la forza della scrittura come del resto ha sottolineato la stessa attrice, intervenendo a Cagliari alla presentazione della nuova graphic novel del disegnatore Igort, “Quaderni russi - La guerra dimenticata dal Caucaso”, appena uscito per Mondadori. La messinscena appare un viaggio nella mente di una donna sommersa dalla solitudine. Lasciata sola, a tavolino tra le sue carte, a testimonianza di essere umano libero che non tace davanti
all'orrore: la Cecenia, Beslan, la fiction russa. Accompagnata dal vivo, nel sentiero dei ricordi, dal suono a volte metallico, altre ossessivo, una volta ironico e misuratamente poetico dell'arpa di Floraleda Sacchi.
Questo è un omaggio a una cronista che non ha conosciuto la patina tanto spesso accovacciata sulla definizione del mestiere del giornalista. Anna Politkovskaja, lo ricordano a teatro, praticava con coscienza e dedizione. Non aveva tessere di partito, porgeva attenzione ai fatti e denunciava - coraggiosamente - i crimini dell'esercito russo in Cecenia. Toccando con mano la guerra e le atrocità, constatando le derive della propaganda, sfidando senza strafottenza un sistema che la definì nemica e “non rieducabile”. Portandosi piuttosto dietro un bagaglio a mano di responsabilità della parola e di sensi di colpa ricorrenti nei confronti delle persone a cui aveva dato voce (e a volte uccise perché avevano parlato con lei). Conosceva il colore del sangue di una strage e ha pagato quella libertà. Quattro pallottole, nel 2006, nello stesso giorno del compleanno di Putin.
Manuela Vacca