VENERDÌ, 12 SETTEMBRE 2008
Pagina 7 - Sardegna
di Umberto Aime
Cagliari, scarcerata la madre che teneva i bambini segregati, dice di essere depressa
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CAGLIARI. Il carcere non sarebbe servito a nulla. Il vero dramma, la sua vera prigione era l’appartamento vicino a piazza Giovanni XXIII, dove viveva nel degrado, nella sporcizia e nella fame con i tre figli. Arrestata martedì notte, la madre di chi ha sofferto come non mai in questi ultimi mesi, è stata scarcerata a mezzogiorno. Più che della magistratura, ora avrà bisogno di sostegno psicologico. Buona parte della giornata di ieri, questa madre colpevole ma con l’attenuante della depressione, l’ha vissuta nello studio dell’avvocato Alberto Ippolito.
Da martedì notte è lei a essere finita giustamente sotto accusa per maltrattamenti e abbandono di minori. Oggi è chiamata a difendersi non solo dal codice ma anche dal peso sociale di aver commesso la peggiore delle ingiustizie, quella sui figli. Adesso basta, dice, con gli errori, le lacrime e i rifiuti ammassati nelle stanze che fino a martedì erano l’immagine speculare della sua mente: macerie. Ha capito di essere malata, vuole farsi curare e chiede subito una nuova vita per chi a tredici, dodici e sette anni non ha vissuto finora nel mondo delle favole. Ha capito eccome di aver sbagliato in tutto, su tutto e con tutti, s’è pentita per come ha stravolto quella che era una casa-gioiello prima della separazione dal marito, per come ha ridotto, in brandelli, la vita di chi ancora oggi ama, anzi adora, i figli, come peraltro dev’essere.
Nello studio legale dove la proteggono con passione, al di là degli obblighi professionali, c’è una donna fragile, che all’improvviso dice di essersi risvegliata dall’incubo e oggi è decisa a non scivolare oltre nel tunnel della depressione. La sua voce è fine come un filo che può spezzarsi in ogni momento, il suo sguardo è ancora ostaggio di molti fantasmi, la mente anche. Ma è cominciata la resurrezione.
- Com’è possibile che sia accaduto quello che gli agenti hanno scoperto martedì?
«Negli ultimi sette mesi - è la risposta filtrata dall’avvocato - tutto è precipitato. Senza rendermi conto, la mia mente è stata travolta dalla paura di non farcela più. Purtroppo, sono stati miei figli a pagare il prezzo più alto».
- Poteva chiedere aiuto?
«Non l’ho fatto ed è questo il mio errore più grande. In quei mesi, ho perso la lucidità».
- Forse ha vacillato persino l’amore materno.
«No, quello mai. Ho lasciato andare me stessa e la casa fino a farla diventare una pattumiera, dal frigorifero pieno di mosconi alla camera dei ragazzi. Era tutto un immondezzaio. Ma ho cercato di salvare la loro dignità e il rapporto che ci legava».
- Come?
«Volevo che nulla venisse fuori di quello che noi quattro vivevamo in casa. Ho continuato a vestirli dignitosamente, a seguirli a scuola. Ho continuato a portarli in oratorio. Poi quando tutti insieme rientravamo a casa, riprendeva l’incubo di cui oggi sono consapevole. Sì, ho sbagliato a non chiedere aiuto».
- Pentimento tardivo?
«Forse. Ma avant’ieri c’è stato questo scossone: è arrivata la polizia. Mi hanno scoperto e non vado certo fiera di quello che hanno trovato. Sono arrivati prima loro, ma io era pronta a rimettere tutto a posto non appena mi fossi ripresa. Oggi più che mai voglio raddrizzare tutto il possibile».
- I figli sono ospiti di una comunità: lì potranno dimenticare.
«Sì, è importante che si riprendano subito, voglio il loro bene. È giusto che restino in comunità fino a quando non getterò alle spalle stress e depressione».
- Cominciati quando?
«Tre anni fa subito dopo la fine del matrimonio».
- Non s’è più ripresa.
«Purtroppo no. Anche se i rapporti con il mio ex marito sono rimasti discreti, non c’è astio fra noi. Anche lui ha avuto molti problemi».
- Com’è possibile che neanche il padre si sia accorto di quanto accadeva in casa, anche se viveva da un’altra parte?
«Le colpe sono solo mie».
- È colpevole di aver fatto anche la bella vita? C’è il sospetto che si prostituisse.
A rispondere è l’avvocato: «Assolutamente no. E devo dire che la mia cliente non ha mai chiuso a chiave i figli nella stanza e quando li lasciava da soli restava sempre nel quartiere. Anche la notte dell’arresto era lì vicino, in auto a chiacchierare con un amico».
- Avvocato, oggi alla sua cliente sarà restituito l’appartamento: chiederà di ritornare a vivere con figli?
«Non credo. Adesso vuole essere curata. Abbiamo già ottenuto il sostegno dei servizi sociali del Comune e anche l’oratorio le starà più vicino. Tutti dobbiamo stare più vicino a questa famiglia».
- Vi opporrete se il padre dovesse chiedere l’affidamento?
«Assolutamente no e non lo faremo neanche se l’ex marito volesse ritornare a vivere con i ragazzi nell’appartamento. La decisione spetta comunque al Tribunale per i minori».
- Avvocato, come finirà questa storia che non è certo una favola?
- «Lo sapremo dopo l’interrogatorio con il pubblico ministero. Ma so con certezza che oggi la mia cliente vuole una sola cosa: il bene dei figli ed è da qui che ripartirà».