Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

A pesca per rimediare un panino

Fonte: La Nuova Sardegna
31 ottobre 2011



Gli ex operai edili senza lavoro si improvvisano pescatori per tirare avanti



LA CRISI Via Podgora, periferia ad alta disoccupazione, ritorna all’economia di minima sussistenza

PIERLUIGI CARTA
CAGLIARI. «Peschiamo per qualche panino al giorno, ci basta questo, pur di non andare a rubare - afferma S.G. uno dei pescatori di via Podgora a San Michele, che rivendono il pesce pescato coi palamiti -. Usciamo tutti i giorni per mare, puntiamo verso San Rocco o verso Pula». Pescano tutte le sere, tranne durante i giorni di Scirocco, per 50, 25, a volte 10 euro di guadagno ciascuno.
Sno un gruppo di disoccupati di via Podgora, dove la mancanza d’impiego è diventata la norma.
Si potrebbe chiamare cooperativa, perché nove persone mettono assieme le loro esperienze, i loro averi ed il loro tempo, per sfuggire alla fame nel modo più onesto che hanno trovato, tornando alla pesca individuale, con una barca di pochi metri, sagole e nastri di lenza.
«Alcuni di noi escono la sera verso le otto per andare a gettare gli ami, e stanno via due o tre ore - racconta S.G. - gli altri escono verso le quattro di mattina per salpare le lenze e controllare il pescato».
Quando restano in pochi sono costretti a passare tutta la notte in mare. Diventa stremante, dato che il giorno dopo gli spetta travasare le lenze e recuperare altra esca, e nel caso, trovare i clienti per vendere la merce. Alle quattro del pomeriggio del giorno dopo, infatti, la squadra non aveva ancora mangiato.
«Ieri c’era mare brutto - racconta con lo sguardo abbassato sulle ceste, Aldo Todde, uno dei più anziani - e abbiamo tirato su 8 kg di pesce. Lo vendiamo a 20 euro al kg alla gente di passaggio, se va bene. Se i clienti non si fermano lo abbassiamo fino a 15. è quasi ridicolo - continua Todde - tra lenze, benzina, ami ed i bibi (i vermi), che costano 18 euro al kg, non ci rimane niente per la giornata».
Eppure questa sembra essere l’unica soluzione per queste persone, pur di non andare a rubare, affermano: «Ne abbiamo fatto troppe, e la galera non la vogliamo più vedere».
Passano tutta la giornata legando e slegando ami, disincagliando le lenze, fino a perderci la vista. Questo è già il quarto mese di attività, ed ogni giorno il loro pasto e quello dei loro familiari dipende dalle orate, dai saraghi e dalle tannute che riescono a catturare. Tra di loro ci sono manovali, piastrellisti ed operatori edili. Uno di loro, S.I., ex piastrellista, qualificato alla scuola edile, ha passato degli anni lavorando a giornata o recuperando qualcosa coi lavori saltuari. Ma il lavoro scarseggia sempre di più, e la fame rimane. Prima alcuni di loro cercavano di raccogliere le cozze allo stagno. Ma Santa Gilla è ormai privatizzato e neppure coi ricci si riesce a guadagnare qualcosa. Le multe sono troppo salate e in fin dei conti non conviene.
Silvio Pinna, rappresentante del comitato di quartiere racconta che uno di loro, le prime volte, ha comprato l’attrezzatura, è uscito in mare ed ha perso tutto, il secondo giorno ha preso 4 pesci. Qualche tempo dopo, stanco della pesca, è stato sanzionato per la vendita di ricci con 6mila euro di multa. «Come può un disoccupato pagare questa cifra?» Si chiede Pinna.

LA STORIA

Tornare in mare a 58 anni per guadagnare 20 euro al giorno




CAGLIARI. «Ci stanno facendo invecchiare di 50 anni» si lamenta Aldo Todde, 58 anni, ex operaio edile, il quale non riesce più a trovare un lavoro retribuito a tempo pieno. «Facevo il pescatore anche da giovane, per arrotondare le stipendio, mai avrei pensato che in vecchiaia sarei stato obbligato a farlo per sopravvivere. Prima mi arrangiavo alla giornata, ora con la mia età non mi prendono neppure in considerazione». Con la pesca riesce almeno a portare il cibo a tavola. Ma sono più le giornate in cui si va in perdita che quelle in cui si guadagna. Mentre travasa i palamiti, Aldo Todde racconta di aver radunato una piccola squadra di uomini magari più giovani di lui, ma accomunati dal male comune della disoccupazione. «Per questa attività io ho perso mia moglie. Non mi credeva quando le dicevo che stavo tutta la notte fuori in mare. Molte sere tornavo senza pesci e pensava stessi facendo altro». Durante le operazioni di preparazione degli ami, alle quattro del pomeriggio, la squadra non ha ancora districato la metà delle lenze. «Dobbiamo sbrigarci - commenta - questa sera bisogna sfruttarla appieno. Domani si alzerà il vento e dovremmo stare in città». La crisi non spinge per forza alla delinquenza; esistono infatti delle persone che resistono, che non vogliono più vedere le prigioni dall’interno, e che provano a guadagnarsi i soldi onestamente. «In via Podgora ci sono dei pescatori che lo possono testimoniare - commenta Todde - che la gente capisca come siamo costretti a organizzarci qui da noi».(p.l.c.)