Si è chiuso il lavoro della commissione incaricata di sciogliere i nodi giuridici sul progetto edilizio accanto alla necropoli Andreozzi: «I soldi sono stati pagati: vale la sottoscrizione dell'accordo di programma e non la sua realizzazione»
di ENNIO NERI e.neri@sardegna24.net
«Sugli espropri di via Castelli, la partita è chiusa». Era uno degli spauracchi per MassimiZedda. Il risarcimento ai privati per i danni relativi agli espropri, illegittimi, fatti dal Comune a Tuvumannu nei primi anni ‘80, nel caso in cui l’accordo di programma di Tuvixeddu non dovesse andare in porto. Ma secondo due, su tre, dei consiglieri di maggioranza incaricati dal centrosinistra di chiarire i nodi giuridici su Tuvixeddu, si tratta di un discorso morto e sepolto. La storia. Dopo il rovescio al Consiglio di Stato, nel 1997 la Giunta comunale affidava all'avvocato. Bartolomeo Salone l'incarico di valutare l'ammontare dei possibili danni a carico del Comune, determinati nella misura di circa 63 miliardi di lire. Il 19 luglio 2000 Coimpresa (proprietario dei 10/12 del debito) formulava una proposta transattiva delle cause pendenti per 38 miliardi (altri 5 miliardi chiedono le sorelle Sotgiu, per il loro contenzioso), subordinando la chiusura dell’accordo all'approvazione definitiva dell'accordo di programma, che viene sottoscritto il 15 settembre 2000. Il 27 febbraio 2001 venivano sottoscritti gli atti di transazione Comune - Coimpresa e Comune sorelle Sotgiu, atti coi quali si procede alla determinazione del risarcimento dei danni per i vecchi espropri illegittimi di 38 miliardi a Coimpresa e 5 miliardi a sorelle Sotgiu (somme che vengono effettivamente pagate). Negli atti, scrive la commissione, si precisa che la stipula della transazione era condizionata alla definitiva approvazione dell'accordo di programma e che le parti avevano “constatato il verificarsi degli eventi oggetto della condizione sospensiva nei termini pattuiti”. «Daidocumenti», spiega Giuseppe Andreozzi, «emerge questo: non è vera l'opinione diffusa che Coimpresa e gli altri privati avrebbero rinunciato ai risarcimenti relativi agli espropri per edilizia popolare illegittimi a fronte della sottoscrizione dell'accordo di programma e che, venendo a cadere per qualunque motivo l'accordo di programma, il Comune dovrebbe risarcire danni per 63 miliardi al valore del 2000. Infatti», aggiunge, «sono comunque stati pagati, all'epoca, 43 miliardi (38 a Coimpresa e 5 alle Sotgiu) e la pregiudizialità riguardava la sottoscrizione dell'accordo, non la sua realizzazione». Per la commissione se il Comune si sottrae all'accordo, come qualunque parte che senza giusti motivi risolve o non adempie un contratto, si espone a pretese risarcitorie, ma ciò non significa che dovrà pagare quei risarcimenti. Per le stesse ragioni, nulla dovrà pagare il Comune se Coimpresa non potesse edificare secondo l'Accordo, per causa del Ministero (ad esempio vincoli che rendono l'area inedificabile o edificabile in misura non utile) o della Regione (come gli espropri). «Secondo noi la transazione siglata nel marzo 2001 ha messo una pietra tombale sulla vicenda di via Castelli», spiega Giovanni Dore, «spesso si adombrava a il rischio di un maxi risarcimento da parte del sindaco. Rischio che per noi non c’è perché quella partita si è chiusa con l’approvazione dell’accordo». Se i due dovessero avere ragione, il partito del mega-risarcimento senza se e senza ma, dovrebbe riporre le bandiere nell’armadio. Ma c’è anche chi interpreta in modo diverso: «Il contratto va interpretato in modo da individuare lacomuneintenzione delle parti», spiega Francesco Ballero, Pd, «l’oggetto dell’interpretazione del contratto non è la puntuale ricostruzione storica della volontà delle parti, ma ciò che apparecomeoggettivamente voluto e che risulti dalla formulazione del contratto. Insomma, sarebbe una furbata nei confronti dei privati».