Rassegna Stampa

Sardegna 24

Sfratto delle Missionarie: poveri accampati nei giardini

Fonte: Sardegna 24
13 ottobre 2011

L’Università si riprende i locali delle Suore di Madre Teresa che ospitavano 30 senzatetto: dieci di loro ancora in strada. Le religiose interrompono anche il servizio mensa. Il Comune cerca una situazione alternativa. Polemica con l’Ateneo di ENNIO NERI e.neri@sardegna24.net Fuori i senza tetto dal convento delle suore di Madre Teresa di Calcutta, dopo lo sfratto. Sono trenta in tutto, poveri e vagabondi. Venti sono stati sistemati dal Comune, quasi tutti nel centro Giovanni Paolo II di viale Sant’Ignazio.E ora senza una sistemazione sono in dieci: ai qualinonrestano che i giardini attorno alla sede delle Missionarie della Carità. «Ma nondiremo maia nessuno dove ci troviamo», spiega Mark, uno dei senzatetto, «abbiamo pauradei teppisti che vengonoa mettere fuoco ai vagabondi ». Sono le vere vittime dell’allontanamento dalla sede di via Porcell delle suore di Madre Teresa. Per le missionarie è arrivato lo sfratto da parte dell’Università (proprietaria dei locali) che cerca di mettera a frutto il proprio patrimonio (un po’ come sta facendo il Comune) e ha deciso di allontanare le suore.Le religiose troveranno asilo a Sant’Elianel popolare rione che le ha accolto al loro arrivo in Sardegna 25anni fa.Maintanto lo sgombero avrà qualche ripercussione negativa sulle tante persone che in via Porcell avevanotrovatounletto e un pasto caldo. La mensa è stata chiusa il 17 settembre, e poche settimane dopo l’albergo. Ma nella nuova sede non ci sarà spazio ne per la mensa, ne per i posti letto. E che fine faranno i senzatetto? Le suore non rispondono e scelgono il silenzio. Chi ha parlato con loro, racconta che hanno accolto lo sfratto con cristiana rassegnazione, anche perché «siamo noi che dobbiamo andare dai poveri, enonsono i poveri a dover venire da noi». Esulla base di quest’assunto proseguiranno nella loro missione. A pagare le conseguenze maggiori, sono stati soprattutto gli extracomunitari senza il permesso di soggiorno.Mentregli extracomunitari “in regola” possono agevolmente rivolgersi alle strutture pubbliche, gli altri no. Mentre le suore non guardavano i documenti quando si trattava di aiutare il prossimo, e così i tanti si recavano in via Porcell ora avranno anche qualche difficoltà in più. La patata bollente è nelle mani del Comune. «Stiamo ragionando per una soluzione alternativa », spiega l’assessore alle Politiche sociali Susanna Orrù, «le religiose ci hanno comunicato l’interruzione dell’accoglienza notturna e della mensa. Trenta erano le persone che ricevevano aiuto in via Porcell, 20 di loro hanno trovato una sistemazione nel centro comunale di solidarietà Giovanni Paolo II. Sugli altri», conclude, «stiamo lavorando per una sistemazione ». Chi è rimasto a spasso ha trovato soluzioni di fortuna. E sopravvive nei giardinetti attorno alla zona di viale Buoncammino. Tra loro c’è Mark che, armato di una piccola tenda, qualche sedia, fili dove stendere maglioni a cappotti e cartoni sui quali dormire, ha trovato un rifugio assieme ai suoi due compagni. «Siamo in tre e da dalla chiusura del convento siamo rimasti all’appiccico», spiega Mark, «passiamo la giornata in biblioteca e la notte rimaniamo qui a dormire.Manon vogliamo troppa pubblicità», sottolinea, «è molto pericoloso per noi. In altre città siamo finiti sui giornali. E poco doposiamo rimasti vittime di attacchi da parte di qualche vigliacco che ha tentato di incendiare le nostre tendementre dormivamo». «Questa vicenda ci è piovuta tra capo e collo», commenta Fabrizio Rodin, presidente della commissione Politiche sociali, «l’Università ha sfrattato le missionarie all’improvviso. Magari sarebbe stato preferibile attivareunpercorsocomunetra amministrazione e Ateneo che ci avrebbe messo in condizione di non creare disagi a nessuno». Tra i problemi principali dell’amministrazione c’è un fatto: il Comune è tenuto ad aiutare i residenti e questo complica l’aiuto ainon residenti che però si trovano in città. «Noi non vorremmo lasciare a terra nessuno», prosegue Rodin, «e, sullo sfondo rimane la necessità di dare una risposta a queste persone. Occorre ragionare , investire risorse in modo importante coinvolgere il mondo del volontariato », conclude, «edell’associazionismo. Il tutto, ovviamente, inmodotrasparente. Serviranno progetti chiari e opportunamente rendicontati».