PRIME LIRICA. Contorni intensi per le voci dei protagonisti nel teatro cagliaritano
Enfatizza il dramma l'interpretazione di Kovatchev
Bianco, rosso, viola. Contrasti accesi di colore dominano la scena mentre, con vele dispiegate, le giunche accompagnano Butterfly verso un matrimonio che solo lei immagina vero. La sposa è una geisha quindicenne, lui uno yankee. Le cronache di oggi parlerebbero di pedofilia ma, all'alba del secolo scorso, Puccini preferiva glissare sulla morale e concentrarsi sul sentimento femminile tradito. È “Madama Butterfly”, che continua a commuovere e ispirare estrose fantasie visive, con profusione di immagini e macchine sceniche, come nell'edizione andata in scena al Lirico di Cagliari.
L'allestimento del Teatr Wielki di Varsavia, ripreso con la direzione musicale affidata a Julian Kovatchev e l'Orchestra e il Coro del Lirico, è insieme tradizionale e innovativo. La messinscena firmata da Mariusz Trelinski si impone prepotentemente, interpretando con estro storia e musica. L'impostazione musicale sceglie di converso la strada consolidata della tradizione, attenta però a seguire l'evolversi degli eventi. L'interpretazione impostata da Kovatchev enfatizza così gli elementi di maggior impatto drammatico, sin dall'apparire dello zio Bonzo che lancia anatemi davanti alla testa del dragone. L'orchestra non fa mancare begli interludi, muovendosi con disinvoltura tra esotismi strumentali, scale pentatoniche, cromatismi e forzature della tonalità. A far vivere i personaggi ci sono poi le voci che si riscaldano pian piano, assumendo contorni intensi. Mentre Pinkerton-Sergej Semishkur dà il meglio nei momenti clou, come quell'“Addio felice asilo” che suggella l'abbandono, Irina Bertman dipinge a tutto tondo il suo personaggio, dà personalità a questa geisha bambina, la fa uscire dallo stereotipo della dolcezza stucchevole. E le regala con l'ingenuità, qualche tratto ironico e caparbio. La sua lettura è più propensa a rimarcare gli aspetti drammatici piuttosto che la delicatezza suadente, e anche “Un bel dì vedremo” inizia con tono delicato che si carica poi di drammatica attesa. Bravi anche i personaggi di contorno. Visionaria e avvincente, questa “Butterfly” è così uno spettacolo riuscito, di grande impatto emotivo, capace di invenzioni continue.
L'elemento di forza è il modo stesso con cui l'aspetto visivo interpreta la musica, caricandosi di inventiva con mimi e danzatori che appaiono come fantasmi della mente. O la piroga dalla lampada accesa che si muove sullo sfondo del coro a bocca chiusa, a cui il coro di Cagliari dà toccante delicatezza. O il crescendo di pathos orchestrale su quel cielo rosso davanti a cui Butterfly sceglie di morire con onore, facendo hara-kiri, come nella tradizione più antica del suo Paese.
Greca Piras