A venti giorni dalla presentazione della stagione concertistica che partirà il 21 ottobre, un’altra notizia cattiva per la Fondazione. La raccolta va male: staccati biglietti solo per 45mila euro, trecentomila in meno rispetto agli anni scorsi
Di male in peggio. Mentre il Sovrintendente del Lirico si affanna per produrre un piano industriale tale da far scongiurare il commissariamento della Fondazione, un’altra cattiva notizia gli piove addosso.Lavendita degli abbonamenti per la stagione concertistica 2011-2012 va male. Anzi malissimo: la raccolta si è fermata a 45mila euro, contro i 350mila degli anni scorsi. Gennaro Di Benedetto aveva presentato la “sua” stagione sinfonica il 20 settembre scorso in una conferenza stampa, quando ancora il consiglio d’amministrazionenongli aveva conferito l’incarico di stilare un piano industriale. Quando ancora, più che altro, non era chiaro se l’ex numero uno del teatro di Genovaavrebbe resistito al vertice del Lirico di Cagliari. Ebbene, quel martedì aveva presentato comunque il cartellone, il primo che porta la sua firma. Quindici concerti, dal 21 ottobre al 24 marzo, e un obiettivo: eguagliare quanto meno il numero degli abbonamenti venduti per la stagione 2010-2011. Obiettivo non raggiunto, a quanto pare, visti i dati delle vendite. Obiettivo mancato, a fronte diunbudget di trecentomila euro investiti per i concerti in programma. Il Sovrintendente, questo va detto, nella scelta delle sinfonie e in ragione dell’indebitamento pari a venti milioni e passa della fondazione, ha cercato di mantenere un profilo basso. Si parte il 21 e il 22 ottobre con i maestri Hubert Soudant – che inaugurerà la stagione sulle note di Mozart, dall'Ouverture de “Le nozze di Figaro” alla Sinfonia n. 35 “Haffner” alla Messa in dominore - eGabor Ötvös. Toccherà poi al pianista Michele Campanella con un omaggio a Liszt nel bicentenario della nascita. Ancora: la giovane violinista Anna Tifu, nata nell'Isola ma ormai proiettata verso una carriera internazionale, accanto ad interpreti della tastiera come Sean Botkin e Andrei Licaret, nonché il sardo Maurizio Moretti, e poi il clarinetto solista di Giampiero Sobrino. Tutti gli appuntamenti, sono parole di Di Benedetto, non saranno cancellati, né spostati. Resta, infatti, quella scadenza del 31 dicembre che il ministero dei Beni culturali considera perentoria: se si chiude il bilancio in passivo anche quest’anno, la fondazione Teatro lirico di Cagliari sarà commissariata. Uno spartiacque non proprio ideale nel pieno della stagione. Resta poi la consapevolezza che, non andando le cose come dovrebbero (in mancanza di soldi), a rimetterci sarebbero gli stipendi del personale che garantisce il funzionamento di tutta la macchina teatro. Proprio nei giorni scorsi Gennaro Di Benedetto, che ha ricevuto il mandatoper la formulazione di un piano industriale, ha incontrato i sindacati dei lavoratori. I quali gli hanno lasciato intendere chenon gradivano confrontarsi con qualcuno nominato dal precedente sindaco.Eppure un punto d’incontro il Sovrintendente dovrà sforzarsi di trovarlo. Perché Il futuro del Teatro lirico dipende da un piano industriale che ancora manca. L’assessore regionale alla Cultura Sergio Milia l’aveva detto chiaramente due settimane fa, nel corso di un vertice con il sindaco di Cagliari: senza piano, come Regione, non possiamo esporci e far da garanti con le banche per il debito da venti milioni di euro.
Sigle contro Di Benedetto Una soluzione alternativa
Il tenore Gianluca Floris è stato il primo a presentare una bozza di documento nella quale non sono previsti tagli agli stipendi del personale
Il piano industriale potrebbe comportare tagli. di stipendi edi ore di lavoro. C’è chi una ricetta indolore, l’ha presentata più di un anno fa. Si tratta dello scrittore- tenore-regista Gianluca Floris, l’unico che sinora ha prodotto una bozza di piano industriale, colui che prima della nomina di Di Benedetto qualche mese fa, era sembrato in pole position per conquistare la Sovrintendenza. Come penserebbe di salvare il Lirico? Fondamentale per Floris è «l’utilizzo della forza lavoro del Teatro stesso come risorsa per aumentare la produzione, sia a livello qualitativo che quantitativo ». Da evitare «un piano che preveda tagli agli stipendi e la riduzione in termini di impegno orario dei lavoratori». Per il tenore «con i soldi disponibili a bilancio, con una serie di budget non sforabili sarebbe possibile ripartire con grandi prospettive. Per realizzare un piano industriale valido servono coraggio, attaccamento alla città, competenza e volontà politica». E col maxidebito della Fondazione come la mette? «Con la rata di un mutuo da un milione e mezzo di euro l’anno, con i fondi disponibili a bilancio, ce la si può fare».
IL TAVOLO. LE CONDIZIONI DELLA REGIONE PER LA SALVEZZA
Piano industriale, il nodo irrisolto Il piano industriale - si è detto più volte - è l’unica via che potrebbe consentire al Teatro lirico di salvarsi, evitando il commissariamento. Il concetto è uscito chiaro dal tavolo tecnico in Regione di due settimane fa. Non c’era Cappellacci: al suo posto, l’assessore regionale alla Cultura con il direttore della presidenza, Gabriella Massidda. Alla controparte avevano detto: abbiamo a cuore le sorti della fondazione, per questo chiediamo che nel più brevetempopossibile venga prodotto un piano industriale. La controparte: il sindaco di Cagliari e il direttore generale del Comune, Cristina Mancini. C’erano il Consiglio d’amministrazione al completo e, ovviamente, il Sovrintendente del Lirico, GennaroDi Benedetto. Il quale ancora un piano industriale non l’ha prodotto. Il piano, su richiesta della Regione, dovrà tenere conto di tutto e tutti, compresi maestranze e parti sociali. Solo allora, seDi Benedetto riuscirà a produrre qualcosa di efficace a livello di contenimento della spesa, la Regione potrebbe far dagarante per il debito del Lirico da 20 milioni di euro.Nonc’è alternativa, del resto. Il sindaco di Cagliari, Massimo Zedda, aveva preannunciato che «l’unico ente che può farsi garante della situazione è la Regione». Mentre a chi aveva ipotizzato un’impegno diretto della finanziaria della Regione, la Sfirs, aveva risposto che si trattava «di uno scenario non praticabile perché noi siamo una fondazione mentre la Sfirs può operare solo con le società». Aveva anche rigettato, il sindaco, l’eventualità di impegnare il teatro stesso a garanzia della ricontrattazione del mutuo, perché «il teatro è un bene del Comune, quindi indisponibile». L’ancora di salvezza per la fondazione è la Regione, dunque. Che pone una condizione necessaria per il suo intervento:unpiano industriale.