Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Parla Guzzetti, presidente di Acri

Fonte: L'Unione Sarda
7 ottobre 2011

Parla Guzzetti, presidente di Acri

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La facoltà di Scienze politiche dell'Università di Cagliari, guidata da Paola Piras, ha scelto la lectio magistralis di Giuseppe Guzzetti per inaugurare ieri il nuovo anno accademico. Il presidente dell'Acri (Associazione di Fondazioni e Casse di risparmio) ha tenuto una lezione sul ruolo delle fondazioni bancarie nello sviluppo del territorio. Sullo sfondo, le pietre della Città sonora di Pinuccio Sciola, finora esposte a Madrid.
Presidente, come stanno reagendo le Fondazioni alla crisi?
«Per quelle che hanno già dismesso totalmente il loro investimento nelle casse di riferimento la crisi non ha nessun effetto: hanno il loro patrimonio e lo gestiscono. Altre hanno investimenti in casse non quotate in Borsa, e sono al riparo dai crolli. Poi ci sono fondazioni che hanno mantenuto quote nelle banche di riferimento, oggi grandi gruppi: alcune hanno situazioni anormali. Quando una banca è quotata di gran lunga al di sotto del suo patrimonio netto, parliamo di cose che non stanno nella realtà».
Dicono che le banche italiane siano sane.
«Quelle francesi, tedesche e inglesi sono in difficoltà: è inutile continuare a pontificare. Da noi non è così, le sole quattro banche che hanno utilizzato i Tremonti-bond li hanno restituiti alla scadenza: quindi il sistema è sano. Mi rammarico spesso che alte autorità di governo sostengano che la crisi ha reso necessario ripatrimonializzare gli istituti di credito, senza aggiungere mai che le banche italiane non sono come quelle americane, inglesi, tedesche e francesi, salvate con risorse pubbliche».
Come mai, secondo lei, non è stato necessario? Sono state più prudenti?
«Le banche italiane per anni sono state accusate di rendere poco perché si comportavano in modo conservativo, senza fare speculazione finanziaria o finanza creativa. Erano oggetto di dileggio perché raccoglievano risparmio e lo reinvestivano a sostegno delle attività economiche reali. Quelle americane sono andate in malora perché hanno continuato a fare “finanza per la finanza”: una catena di Sant'Antonio in cui tutti guadagnavano. Quando è crollata la prima banca, è venuto giù tutto. I nostri istituti non ricavavano utili da operazioni finanziarie senza fondamento».
Cosa risponde a chi chiede che le fondazioni modifichino il loro ruolo?
«Dico che la storia va avanti: oggi le fondazioni hanno una missione molto chiara. Devono dare attuazione al principio di sussidiarietà, sostenendo il no profit, il Terzo settore, il volontariato, le imprese sociali per dare risposta ai bisogni sociali abbandonati dal pubblico. Non siamo in grado di soddisfare tutto l'impatto negativo della crisi, ma con il volontariato ci proviamo. Oggi anziani, giovani, disabili rischiano di finire fuori dal sistema e realizzare una disgregazione sociale drammatica».
Sergio Nuvoli