L’EVENTO
Il film di Fiorella Infascelli che ha vinto a Venezia il premio “controcampo italiano documentario” sarà proiettato in prima nazionale a Cagliari oggi alle 20 al cineteatro Massimo
di Francesca Cardia
Una storia di resistenza e di lotta operaia. Una lotta per il lavoro e per la dignità, dove la comunione, la solidarietà e la condivisione della sofferenza diventano l’unico modo per riuscire ad andare avanti. Un’avventura umana durata un anno e quattro mesi in uno degli scenari più belli, suggestivi e allo stesso tempo duri: il carcere dell’Asinara. La battaglia dei cassintegrati della Vinyls è tutta nelle facce e nei racconti di Pietro, Andrea, Antonio, Saverio, Piera, Silvia, Marisa, Antonello, Tonino, Margherita. Sguardi che trafiggono l’anima e parole come macigni che colpiscono dritto al bersaglio. «Sento la mancanza di Berlinguer ». Con questa affermazione si apre il documentario “Pugni Chiusi”, della regista Fiorella Infascelli, che ha deciso di portare sul grande schermo tra nostalgia e disillusione la vicenda dei lavoratori del Polo chimico di Porto Torres. Prodotto da Bibi Film, di Angelo Barbagallo con il sostegno dell’Assessorato regionale della Pubblica istruzione e della Società Umanitaria-Cineteca Sarda, il film, che ha vinto il primo premio nella sezione “controcampo italiano documentario” nell’ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, sarà proiettato in prima assoluta nazionale a Cagliari oggi al cineteatro Massimo alle 20. Tutto ha inizio nel febbraio 2009. Un gruppo di operai della Vinyls in cassa integrazione dopo aver occupato la Torre Aragonese di Porto Torres occupa il carcere dell’Asinara. Chiede la riapertura degli impianti. Chiede di poter continuare a lavorare. All’inizio è una battaglia disperata, una protesta estrema, ma poco alla volta, il mondo si accorge di quegli uomini sperduti su un’isola deserta, prigionieri in un carcere abbandonato: l’artico - lo di un giornale, un servizio televisivo, il loro blog che cresce. E poi Facebook, interviste, collegamenti, trasmissioni sempre più importanti. Una battaglia sindacale tradizionale diventa visibile grazie a strumenti di lotta non tradizionali. Ma cosa accade davvero su quell’isola? Passano i mesi. Passa un anno. Gli impianti rimangono fermi. Sembra che non sia cambiato nulla. In realtà tutto è cambiato. Il documentario nasce da un incontro. «Ero stata invitata a Gavoi per ricevere un premio. E’ lì che ho incontrato gli operai della Vinyls ed è così che ho scoperto la lotta che stavano facendo sull’isola dell’Asinara. Parliamo, mi raccontano la loro storia, mi coinvolgono, mi emozionano », spiega la regista Fiorella Infascelli. «Dieci giorni dopo sono sull ’isola e passo una giornata con loro nel carcere dove si sono autoreclusi. Venti giorni dopo sono di nuovo lì con una piccolissima troupe e comincio a girare. Torno a Roma, ma non sono soddisfatta. Ritorno sull’isola e giro ancora altro materiale». «Il documentario cresce da solo. Un racconto dopo l’altro. Le immagini del carcere, i loro volti, le emozioni. E poi i sogni interrotti, l’equilibrio psicologico che vacilla, il sentirsi persi. soprattutto, la lotta che li ha uniti. Ora riguardo il film e scopro che è anche un pezzo di me», confessa l’artista capitolina che con questo documentario si riavvicina alla macchina da presa dopo un lungo periodo di stop. La regista romana ha deciso di immortalare la resistenza pacifica di questo manipolo di uomini che «hanno una moralità, come i grandi uomini della politica del passato». Quei Berlinguer e Ingrao spesso citati nella pellicola. Quella degli operai della Vinyls è diventata una grande avventura umana, che li ha cambiati, arricchiti, stancati. Intorno a loro il paesaggio intenso e violento dell’isola, i bianchi accecanti della calce del carcere, i bui improvvisi delle notti invernali, le stagioni che scorrono. Gli affetti, le emozioni, le speranze. «Chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso». Lo hanno ripetuto dal primo momento in cui hanno deciso di auto recludersi nell’ex-carcere dell’Asinara, lo hanno ripetuto ogni santo giorno che sono rimasti rinchiusi tra le mura della vecchia casa di detenzione, cominciando un’avventura di resistenza e solidarietà che, partita nel febbraio 2010, si è conclusa solo pochi mesi fa dopo la firma di un’intesa per la realizzazione nello stesso sito Vinyls di un nuovo polo della chimica verde. Sono uomini e donne che hanno ridato voce alla dignità e alla speranza che con la lotta e l’unità qualcosa può davvero cambiare. Una vicenda che li accomuna a tanti altri lavoratori dell’Isola e della Penisola, insegnanti, cassintegrati, precari, calpestati e sviliti da una politica che, da qualunque parte si guardi, è ormai lo specchio dell’Italia peggiore. E allora, la mancanza di Berlinguer e dei “pugni chiusi”, diventa la mancanza di una moralità che questi lavoratori con caparbietà, dignità e con forza hanno fatto rivivere e respirare tra le bianche mura di un vecchio carcere abbandonato.