Il tenore: per un documento valido servono competenza, coraggio e volontà politica
Il cda ha dato mandato a Di Benedetto per la stesura di un piano industriale. Gianluca Floris: «Il mio non prevede riduzione di personale»
Non c’è da sbagliare. Il futuro del Teatro lirico dipende da unpiano industriale che nonc’è. L’assessore regionale alla Cultura Sergio Milia l’aveva fatto capire chiaramente unasettimana fa, nel corso di un tavolo con il sindaco di Cagliari: senza piano non possiamo esporci e far da garanti con le banche per il debito da venti milioni di euro. Piano industriale sia, allora. Lunedì sera il cda del Lirico ha dato mandato di elaborarlo all’attuale sovrintendente, GennaroDi Benedetto. Che da oggi inizierà a incontrare le parti sindacali. Poi, entro il30settembre, dovrà predisporre un disegno per il risanamento dei conti. Un disegno che punterà probabilmente sul taglio dei costi, quelli del personale inprimo luogo. Scelteamare, insomma. Eppure c’è chi una ricetta indolore, l’ha presentata più di un anno fa. Si tratta dello scrittore-tenore-regista Gianluca Floris, l’unico che sinora ha prodotto unabozza di piano industriale, colui cheprimadella nomina di Di Benedetto qualche mese fa, erasembrato in pole position per conquistare la Sovrintendenza. Comepenserebbe di salvare il Lirico, Floris? «Fondamentale - dice lui - è l’utilizzo della forza lavoro del Teatro stesso come risorsa per aumentare la produzione, sia a livello qualitativo che quantitativo». Da evitare, invece, «un piano che preveda tagli agli stipendi e la riduzione in termini di impegno orario dei lavoratori». Per il tenore «con i soldi disponibili a bilancio, conuna serie di budget prefissati e non sforabili sarebbe possibile ripartire con grandi prospettive. Per realizzare un piano industriale valido - aggiunge- servono coraggio, attaccamento alla città,competenza e volontà politica ». E con il maxi debito della Fondazione come la mette? «Con la rata di un mutuo da un milione e mezzo di euro l’anno, con i fondi disponibili a bilancio, ce la si può fare». La ricontrattazione del mutuo, in ogni caso, è imprescindibile. Nonesiste altra strada. Il ministero dei Beni culturali era stato chiarissimo: l’ente non si può permettere di chiudere l’anno conun nuovo passivo di gestione. L’aveva fatto presente con una lettera recapitata un mese fa. In sostanza: bisogna ripianare i debiti altrimenti la fondazione va incontro al commissariamento. Il sindaco di Cagliari, Massimo Zedda, aveva preannunciato che «l’unico ente che può farsi garante della situazione è la Regione». Mentre a chi aveva ipotizzato un’impegno diretto della finanziaria della Regione, la Sfirs, aveva risposto che si trattava «diuno scenario nonpraticabile perché noi siamo una fondazione mentre la Sfirspuòoperare solo con le società». Aveva anche rigettato, il sindaco, l’eventualità di impegnare il teatro stesso a garanzia della ricontrattazione del mutuo, perché «il teatro è un bene del Comune, quindi indisponibile». L’ancora di salvezza per la fondazione è la Regione, dunque. Cheponeunacondizione necessaria per il suo intervento: un piano industriale. Un piano che tenga conto di tutto e tutti, compresi maestranze e parti sociali. Tutti dovranno essere d’accordo. Altrimenti non se ne fa nulla. Il piano che si appresta a produrre l’attuale Sovrintendente Di Benedetto potrebbe comportare tagli sui costi, degli stipendi e delle ore di lavoro. Quello nel cassetto di Gianluca Floris da più di unanno non sacrificherebbe neanche un posto di lavoro.