Mozione in consiglio comunale per lanciare una proposta che cancelli l’emarginazione del quartiere
Depau: «Uffici pubblici a Sant’Elia»
Duecento persone hanno rinunciato all’alloggio: là non ci vogliono andare
CAGLIARI. Duecento persone hanno rinunciato all’alloggio popolare a Sant’Elia, crescono i residenti che non escono di casa dopo una certa ora per il coprifuoco obbligato da una malavita fin troppo organizzata. A Sant’Elia bisogna voltare pagina, in una mozione che verrà presentata in consiglio comunale forse già oggi, Marisa Depau, Sel, lancia una proposta. In sostanza secondo Depau bisogna promuovere azioni «che cambino il tessuto sociale». Sant’Elia è diventato progressivamente un luogo dove nessuno che abbia un minimo di alternative è più disposto ad andare. E chi ci si è ritrovato, oggi vive un’insopportabile condizione di assedio. La denuncia arriva forte e chiara, il rimedio proposto sembra una provocazione ma non lo è: secondo la consigliera comunale di Sinistra, ecologia e libertà, i soldi che ci sono non vanno impegnati per disseminare di negozi i cosiddetti piano piastra e pilotis («non ci verrà nessuno»), ma per far crescere l’edilizia privata e per aprire uffici pubblici. «Gli uffici regionali dovrebbero essere aperti a Sant’Elia - spiega Marisa Depau -, anziché concentrarli in viale Trieste, bisogna cogliere questa occasione per riqualificare il tessuto sociale di Sant’Elia, che non si può sperare di cambiare se lo si lascia nella condizione attuale. Uffici pubblici continuamente frequentati dai cittadini che ora non hanno alcun motivo per venire qui. Bisogna promuovere l’edilizia per le giovani coppie per mescolare la popolazione. Sant’Elia è una realtà durissima: c’erano i finanziamenti per aprire il commissariato, alla fine il commissariato non è stato fatto. Il mercato di Sant’Elia sta morendo, la banca è stata chiusa». Chi vive a Sant’Elia racconta sotto anonimato di corridoi lunghi cinquanta metri dove non ci si avventura volentieri e di cancelli di ferro dietro i quali prosperano commerci e officine di natura illegale. Trenta euro al giorno è il compenso per ogni vedetta: i giovanotti che si danno il cambio in vari punti del quartiere, quasi sempre muniti di binocolo, per segnalare ai compari impegnati sopprattutto in compravendite di droga l’arrivo di una macchina dei carabinieri o della polizia. Storia nota, mille volte raccontata dalle forze dell’ordine durante le conferenze stampa, ma non per questo meno sofferta dagli abitanti che vorrebbero uscire la sera a fare due passi ma non si azzardano. Per la verità, i due passi non si tentano più neppure di giorno. Si marcia spediti verso casa propria o fuori da questa per salire sull’auto e andar via: altrimenti spacciatori e trafficanti potrebbero convincersi che il malcapitato passante voglia ficcare il naso nei fatti altrui. Chi ha potuto, se n’è andato da Sant’Elia. Le case vuote ormai si contano numerose. «Si tratta di belle case - sottolinea Depau - ma il degrado sociale è insopportabile per i moltissimi onesti che vivono qui. Il Comune ha proposto di fare negozi nel piano piastra e nei pilotis: ma se i negozi chiudono in via Garibaldi come si può pensare che qualche commerciante venga a Sant’Elia? Invece se qui aprissero uffici pubblici, da quelli della prefettura a quelli regionali e perché no anche le associazioni di categoria, i sindacati, e poi si promuovesse un’edilizia che favorisca i giovani in cerca di una prima casa, il tessuto sociale si modificherebbe eccome. Dal colle al mare c’è un bel panorama, pedonalizzare significherebbe favorire una migliore frequentazione». Infine, le manutenzioni: gli ascensori dei palazzoni si guastano un mese sì e un mese no e i piani sono undici. (a.s)