Dalla soprintendenza regionale l’invito a stabilire tutte le fasce di tutela
ALESSANDRA SALLEMI
CAGLIARI. Una tomba non fa Tuvixeddu, è Tuvixeddu nel suo insieme che rende infinitamente preziose le fosse mortuarie fenicio-puniche in vista e quelle mai scavate però capaci di saltar fuori anche oltre le aree vincolate in passato dalla soprintendenza ai beni archeologici, come successe nel 1997. Il decreto 2323 del 9 agosto 2006 emanato dalla Regione mise in cassaforte questo luogo straordinario, il 3 marzo 2011 il Consiglio di Stato ha reso pubblica la motivazione di una sentenza che ha dato interamente ragione alla giunta Soru per la scelta di raccordare al migliore dibattito culturale sul paesaggio il monumento di Tuvixeddu e lo ha fatto con i giusti strumenti di legge, ancora oggi inespugnabili. La stessa sentenza, di cui ormai sarebbe indispensabile una lettura pubblica, quasi insegna di nuovo a tutte le entità in gioco cosa è corretto fare per restituire a quel luogo il senso della sua esistenza e alla città un «sito» di alto prestigio. Nel documento c’è un passaggio fondamentale, di una lungimiranza quasi profetica perché nei fatti dice cosa fare anche per i giorni che sarebbero venuti, gli attuali, nei quali bisogna trovare la strada della tutela del monumento con una visione paesaggistica e non solo strettamente archeologica e del riesame degli interessi privati che sono quelli dei proprietari delle aree sopra e accanto alla necropoli. Proprietari un tempo in pista per costruire moltissimo, poi meno, oggi nulla, ma comunque portatori di interesse.
Dicono i giudici: «Resta stabilito, quanto alla concreta ed autonoma disciplina di salvaguardia, che la regolamentazione definitiva dell’area è rinviata ad un’intesa tra Comune e Regione, fermo che all’interno dell’area individuata è prevista una zona di tutela integrale, dove non è consentito alcun intervento di modificazione dello stato dei luoghi, e una fascia di tutela condizionata». La soprintendente regionale ai beni culturali della Sardegna, Maria Assunta Lorrai, responsabile massima della tutela di qualunque valore storico artistico in rappresentanza dello Stato, per ricominciare a trattare di Tuvixeddu invita a partire dall’importante sentenza del Consiglio di Stato che agli addetti ai lavori parla in modo molto chiaro. Dice Lorrai: «La prima cosa da fare è stabilire le varie fasce di tutela. Ci saranno zone di tutela massima e zone di tutela attenuata, gli enti dovranno stabilire dove e come, eventualmente, si potrà costruire e dove ci dovrà essere il verde». Quale ente deve aprire il tavolo? «Direi il Comune, che è il primo interessato perché il bene ricade nel suo territorio». Sui privati: «Prima gli enti, Comune e certo anche Regione, devono indicare le fasce e poi il privato dovrà essere coinvolto perché ci sono i loro interessi e, so, cause con richieste di danni». Secondo Lorrai è ovvio che l’accordo di programma stipulato un tempo fra Comune, Regione e privati debba essere modificato sulle linee di tutela affermate nel 2006 e ribadite dalla sentenza del Consiglio di Stato. Intanto nel dicembre 2010 la soprintendenza regionale ha firmato con l’ex sindaco Emilio Floris un accordo per «mettere in sicurezza il parco archeologico, ma quel documento deve essere ora ratificato dalla nuova giunta - continua la soprintendente -. Nel verbale si stabilivano alcune condizioni per la tutela archeologica e per l’apertura al pubblico, con l’indicazione esatta dei percorsi per i visitatori. Questa parte si potrebbe mandare avanti, assieme alla definizione, che, ripeto, resta urgente, delle fasce di tutela». Lorrai non ha dubbi: «Nell’esame di Tuvixeddu si deve partire dai vincoli, che sono indiscutibili: quello paesaggistico, quello archeologico e il minerario. E credo proprio che una volta per tutte si debba cominciare: la vicenda va conclusa, aperta fa male a tutti, Tuvixeddu per primo».