Gli enti e le agenzie regionali “colonizzati”, le professionalità emarginate
di PABLO SOLE p.sole@sardegna24.net
Ogni anno la Regione mette sul piatto milioni e milioni di euro per tenere in vita decine di enti, aziende e agenzie regionali, con annessi presidenti, direttori generali, consigli di amministrazione. Seguono a ruota consulenti e convenzionati, staff tecnici, dirigenti e funzionari, collegio dei revisori dei conti e sindacali. Si parli di Laore o Ersu, Sardegna ricerche, Istituto zooprofilattico o Ente foreste, il discorso non cambia. Sulla carta si tratta di organismi nati e pensati per raggiungere un preciso obiettivo: agire in maniera efficace nei vari ambiti in cui opera la Regione, dall’agricoltura all’istruzione, dalla ricerca alla gestione delle risorse idriche. Almeno, la premessa all’atto di fondazione di tutti gli organismi era questa. Quel che è capitato dopo, a scorrere parecchie denunce presentate dagli stessi consiglieri regionalio dai vari sindacati, pare che enti e agenzie vengano a volte utilizzati più come “stanza di compensazione” ad uso e consumo del potere politico, anziché intenderle come “braccio operativo” delle politiche regionali. Qualche esempio l’ha fornito l’attuale giunta regionale che puntualmente, ad ogni rimpasto, ha sempre avuto la premura di assegnare l’assessore trombato di turno unufficio d’alto rango in qualcuno degli enti organismoincapoalla Regione. Dopo aver perso la poltrona nell’esecutivo, l’ex assessore agli Affari generali Ketty Corona è approdata a Sardegna Ricerche come presidente del comitato di gestione. Ancora: l’ex titolare dell’Agricoltura Andrea Prato è stato nominato responsabile del programma sulla green economy “Sardegna Co2.0” e Gabriele Asunis, già assessore agli Enti locali e urbanistica, è ora direttore generale per il coordinamento della programmazione unitaria. Eppure in alcuni casi lo stesso potere politico si era premurato di fissare paletti molto rigidi che regolassero la designazione dei vari presidenti o direttori generali dei vari enti. È il caso dell’Enas, l’Ente acque della Sardegna nato nel 2006 dalle ceneri dell’Eaf, l’Ente acque del Flumendosa. Cinque anni fa il consiglio regionale approvò la legge 19, che precludeva l’accesso al consiglio di amministrazione - e di conseguenza al ruolo di presidente - a chi non fosse in possesso di una “comprovata professionalità e di una esperienza acquisita in materia di sistemi e infrastrutture idrauliche, gestione dei servizi pubblici e sistemi organizzativi complessi”. Non a caso il presidente designato fu Sergio Vacca, docente di Scienza del suolo all’Università di Sassari e autore di oltre un centinaio di pubblicazioni scientifiche e articoli, su riviste internazionali e nazionali. Succede poi, come raccontiamo nelle prossime pagine, che l’incarico di Vacca vada a scadenza naturale e al suo posto venga nominato, per ora comecommissario, l’ex sindaco di Quartu Davide Galantuomo, militante di Forza Italia prima e dell’Mpa ora. Problema: primadi darsi completamente alla politica, fino al 2009 era un imprenditore edile con una laurea in tasca. Ma in biologia.Che fare? Semplice: basta cambiare le norme.Ecosì è stato fatto aiprimi di luglio, quando la maggioranza di centrodestra in consiglio regionale ha abrogato il comma che fissava i requisiti per la presidenza dell’Enas.